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La sentenza

Morte in slittino di mamma e figlia reggiane, nessun colpevole. Il gestore assolto anche in Appello

Ambra Prati
Morte in slittino di mamma e figlia reggiane, nessun colpevole. Il gestore assolto anche in Appello

Addio al risarcimento per la madre e le sorelle di Renata, morta insieme alla figlia Emili di 8 anni

07 giugno 2024
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Reggio Emilia Mamma e figlioletta morte sullo slittino: anche in Appello la tragedia resta senza un colpevole. Ieri, dopo una camera di consiglio durata ben cinque ore, la Corte d’Appello di Trento sezione distaccata di Bolzano ha confermato l’assoluzione con formula piena dall’accusa di omicidio colposo per Siegfried Wolfsgruber, all’epoca dei fatti presidente della società Funivie Corno del Renon Spa, il gestore della pista dove morirono Renata Dyakowska, 38 anni, ed Emili Formisano, 8 anni. Metà della famiglia (la madre e le tre sorelle di Renata, costituitesi parte civile) resterà senza risarcimento.

Il tragico incidente avvenne il 4 gennaio 2019 sulla pista da sci del “Lago nero” nel Corno del Renon, provincia di Bolzano in Alto Adige, dove la famigliola stava trascorrendo una breve vacanza natalizia. Quel giorno Renata ed Emili, rimaste sole mentre il papà Ciro Formisano (43 anni) e il figlio maggiore Emanuele (15 anni) le aspettavano a valle, si sedettero sullo slittino e imboccarono per sbaglio una pista nera riservata agli sciatori, prendendo subito velocità e andando a schiantarsi contro un albero. La piccola Emili morì all’istante mentre la mamma, ricoverata in condizioni gravissime, non uscì più dal coma e spirò dopo 40 giorni di agonia. Colpa delle carenze nella segnaletica dei cartelli (scritti in tedesco) e dell’assenza di barriere protettive, secondo l’accusa; concorso di colpa da parte della madre che, pur essendo consapevole della pericolosità, volle accontentare la figlia, secondo i difensori dell’imputato (gli avvocati Paride D’Abbiero e Andreas Agethle). Per sostenere l’assoluzione i difensori dell’imputato hanno utilizzato, oltre alla perizia di parte, le affermazioni del marito Ciro Formisano intervistato nell’immediatezza dal Tg1: «Le avevo detto di non scendere di lì perché troppo pericoloso». Secondo i difensori mamma Renata, consapevole del rischio, lo accettò.

Questa tesi è passata in primo grado: il 20 luglio 2023 il tribunale di Trento aveva assolto il gestore dell’impianto. La procura ha impugnato e ieri in secondo grado il procuratore generale Donatella Marchesini ha chiesto la condanna dell’imputato e il rinnovo dell’istruttoria, sostenendo la necessità di far deporre perlomeno Ciro Formisano, mai ascoltato in aula (l’anno scorso il marito e il figlio maggiore, su consiglio dell’avvocato Liborio Cataliotti, hanno accettato l’accordo extragiudiziale con un corposo risarcimento da parte del gestore dell’impianto e sono usciti dal processo penale).

L’avvocato Liborio Cataliotti, rimasto a tutelare le parti civili che hanno rifiutato l’offerta risarcitoria (le familiari di Renata), in udienza si è associato alle richieste dell’accusa ai fini risarcitori, puntando a una provvisionale di 300mila euro.

Da parte loro i legali difensori del presidente della società Funivie Corno del Renon hanno chiesto la conferma del verdetto assolutorio, sostenendo che non sono emersi elementi di novità e ribadendo la tesi dell’accettazione del rischio da parte della povera Renata.

Quest’ultima tesi è stata sposata in pieno dalla Corte d’Appello, che si è ritirata alle 10 uscendo alle 15 con il verdetto: i giudici hanno respinto l’ipotesi di un qualsivoglia approfondimento e il gestore dell’impianto è stato di nuovo assolto «perché il fatto non sussiste».l