Gazzetta di Reggio

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L’intervista

Donatella Prampolini: «Io candidata in Regione? Ne sarei molto orgogliosa»

Alice Benatti
Donatella Prampolini: «Io candidata in Regione? Ne sarei molto orgogliosa»

La vicepresidente di Confcommercio spunta nel toto-nomi del centrodestra: «Per ora sono voci, ma ci penserei»

15 giugno 2024
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Reggio Emilia «Non l’hanno fatto ma se davvero dovessero chiedermi di essere io la candidata presidente della Regione del centrodestra ne sarei profondamente orgogliosa perché significherebbe che in questi anni ho lavorato bene e mi sono fatta notare». Risponde così l’imprenditrice Donatella Prampolini, che colleziona anche prestigiosi incarichi istituzionali (tra le altre cose è vicepresidente nazionale di Confcommercio) e nel 2014 si candidò con la lista Magenta come civica di centrodestra nella “rossa” Reggio, alle voci che circolano in via Aldo Moro sulla sua discesa in campo per sfidare il candidato del centrosinistra alle prossime regionali.

Dunque sono solo voci?

«Al momento sì. È ovvio che se dovesse arrivarmi una richiesta di questo genere una riflessione ce la farei per il senso di responsabilità nei confronti della mia Regione, a cui credo gioverebbe molto un cambio di “colore”. Prenderei la decisione insieme alla mia famiglia perché questa scelta avrebbe ricadute sulla mia vita personale. Poi c’è il lavoro, ambito nel quale scatterebbero incompatibilità importanti: non potrei più essere amministratrice delegata di Manzini & Co dal 1938 e di Mpt, né rimanere vicepresidente di Confcommercio».

Ha parlato della necessità di un’alternanza. Ne ha davvero bisogno l’Emilia-Romagna?

«Io non posso dire che in Emilia-Romagna si stia male e che il centrosinistra abbia governato male, dico che si può fare qualcosa di più e di diverso e che sarebbe un bene portare “aria nuova” nel palazzo bolognese. L’alternanza sarebbe già di per sé un cambiamento importante perché, inevitabilmente, quando per decenni governano sempre le stesse persone si rischia di incancrenire sistemi che avrebbero bisogno di essere rinnovati».

Cosa serve al centrodestra per prendere la Regione?

«Prima di tutto convergere sul nominativo senza il solito “balletto” dei veti incrociati che farebbe partire svantaggiato il candidato o la candidata. La persona scelta dovrà sentirsi appoggiata da tutte le forze e muoversi senza doversi guardare le spalle dagli alleati per paura che arrivi il “fuoco amico”. Penso che talvolta nelle elezioni comunali – mi riferisco ora al caso di Reggio Emilia – questo non abbia fatto bene a Tarquini (candidato sostenuto dal centrodestra, ndr): ci sono stati un sacco di veti che hanno ritardato in qualche modo l’avvio della campagna elettorale. Oltre ai tempi giusti per la scelta del candidato, bisogna costruire una proposta credibile, con obiettivi chiari e spendibili, pensando già alla potenziale squadra. Quando si fa una campagna di questo genere non è che si può aspettare il risultato elettorale o decidere estemporaneamente sulla base di logiche di equilibrio tra forza politiche chi saranno gli assessori perché l’Emilia-Romagna è una delle locomotive d’Italia».

Nel 2019 Lucia Borgonzoni si fermò al 43% ma il centrodestra che la sosteneva era molto diverso rispetto a quello di oggi negli equilibri interni, considerando che il 31% lo prese la Lega. Pensa che oggi questo centrodestra possa arrivare più forte all’appuntamento elettorale?

«Sicuramente quando si parla di elezioni amministrative, che siano comunali o regionali, la “faccia” che ci metti ha la sua importanza. Quindi sicuramente la squadra conta e gli emiliano-romagnoli hanno sempre dimostrato di valutare profondamente questo aspetto. Ma io credo anche che per il centrodestra il fatto di avere oggi una leader molto forte, che si sta facendo apprezzare e che sta mantenendo le proprie promesse, sia un plus capace di giocare un ruolo importante rispetto al passato».

Prima diceva che in Emilia-Romagna tutto sommato si sta bene, ma che qualcosa si potrebbe fare meglio. Per il commercio, ad esempio, anche alla luce del suo ruolo?

«Sicuramente una delle cose che l’Emilia-Romagna non ha fatto bene negli ultimi decenni è stata la programmazione commerciale perché troppe sono state le autorizzazioni concesse a grandi strutture e questo ha inevitabilmente impoverito il tessuto commerciale di prossimità. Tornare indietro diventa complicato ma, da qui in avanti, sulla programmazione commerciale bisognerebbe metterci la testa in maniera diversa».

Riguardo alla comunali, che ne pensa della reazione che ha avuto Tarquini ?

«Non lo conosco personalmente ma credo che le campagne elettorali siano sfibranti, soprattutto se molto concentrate come in questo caso. Secondo me è arrivato esausto e, nonostante sia una persona mite, di fronte a un risultato deludente ha avuto una reazione scomposta ed esagerata. Inoltre le liste che lo sostenevano gli hanno fatto capire che la sua campagna è stata troppo elegante e poco aggressiva. Una cosa che secondo me non gli si può recriminare dato che era stato scelto come esponente della società civile proprio per aggregare anche i voti dei moderati. Per questi motivi, io lo perdonerei».