Gazzetta di Reggio

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L’offerta

Pestaggio in carcere a un detenuto Per ora 8mila euro di risarcimento

Ambra Prati
Pestaggio in carcere a un detenuto Per ora 8mila euro di risarcimento

La cifra consegnata dalle difese di otto agenti, ma la richiesta è di 180mila

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Reggio Emilia Pestaggio in carcere: otto dei dieci agenti di polizia penitenziaria imputati a vario titolo (dei reati di tortura, lesioni e falso ideologico in atto pubblico aggravati) hanno messo sul banco del giudice complessivamente 8mila euro in assegni circolari. Un’offerta risarcitoria al detenuto parte civile, che ne vorrebbe 180mila. È stato il punto saliente dell’udienza di ieri davanti al giudice per le indagini preliminari, Silvia Guareschi.

La vicenda, che ha avuto un clamore mediatico nazionale, è quella del pestaggio avvenuto il 3 aprile 2023 nel carcere reggiano della Pulce ai danni di un detenuto tunisino di 43 anni che aveva appena ricevuto l’ultimo di 35 provvedimenti disciplinari: doveva andare in cella d’isolamento, ma lui si sarebbe opposto scatenando la reazione degli agenti. Nel video diffuso dall’Ansa – parziale secondo le difese, che hanno parlato di un montaggio ad arte – si vede il 43enne che, a causa di uno sgambetto, cade a terra, viene colpito con schiaffi, calci e pugni, denudato dalla cintola in giù e spinto per terra, dove il volto viene coperto con un lenzuolo.

Nella seduta di ieri, durata circa due ore alla presenza del detenuto, si è concretizzata un’iniziativa già annunciata dagli avvocati difensori. Otto dei dieci imputati, vale a dire coloro che devono rispondere del più grave capo d’imputazione di tortura, hanno depositato assegni circolari dell’importo di mille euro ciascuno, per un totale di 8mila euro. La difesa del detenuto, avvocato Luca Sebastiani ieri sostituito dal collega Eugenio Biondi, li ha «trattenuti per maggior dovuto»: una formula che indica l’accettazione come acconto. Una mossa tattica: presentare un’offerta in questa fase assicura alle difese il fatto di poter dimostrare, in un secondo tempo, la volontà di riparare anche parzialmente al danno, alleggerendo la posizione degli imputati.

«La circostanza che una parte degli indagati abbia voluto formalizzare un’offerta risarcitoria davanti al giudice è sicuramente in sé un fatto apprezzabile, da più punti di vista – commenta Sebastiani – Tuttavia, dato che riteniamo l’offerta ricevuta talmente esigua da non apparire neanche simbolica, abbiamo formalizzato di trattenerla come acconto sull’eventuale maggior danno che contiamo verrà riconosciuto dal giudice». Le difese hanno replicato che i loro assistiti non possono lavorare: anche se la sospensione al servizio è stata revocata dal tribunale, resta la sospensione amministrativa in attesa dell’esito del processo, perciò gli agenti ricevono il cosiddetto stipendio alimentare (il minimo).

In totale ammontano a 400mila euro le richieste presentate in precedenza da tutte le parti civili: due associazioni di tutela dei diritti dei detenuti, Antigone e Yairahia ETS Onlus, il garante regionale dei detenuti e il garante nazionale dei detenuti. È stato escluso come responsabile civile il datore di lavoro degli agenti: il Ministero della Giustizia.

Sempre ai fini risarcitori il pm Maria Rita Pantani ha chiesto una perizia che valuti i danni psicologici e fisici sul detenuto: istanza rigettata dal gip, che ha respinto anche le richieste di alcune difese di rito abbreviato condizionato all’audizione di un testimone (l’allora comandante facente funzione della polizia penitenziaria). Il gip Guareschi ha calendarizzato le date del processo: il 24 giugno si terrà l’esame degli imputati, il 5 e 8 luglio le conclusioni e la sentenza.  l