Reggio Emilia capitale delle false fatture. Operazione Titano: ecco i nomi dei principali indagati
Frode fiscale da 62 milioni di euro: 80 perquisizioni e 50 indagati
Reggio Emilia La nostra provincia si conferma la capitale italiana delle fatture false. Oppure, se vogliamo vederla da un altro punto di vista, gli investigatori reggiani si stanno rivelando come i più abili nello scoperchiare questo diffuso sistema di frodi fiscali. I militari della Guardia di Finanza e gli agenti della squadra mobile della questura, sotto la direzione del procuratore capo Calogero Gaetano Paci, hanno eseguito sequestri per milioni di euro e ottanta perquisizioni in giro per il Paese. L’indagine, frutto del lavoro del Nucleo finanziario della Guardia di Finanza diretto dal tenente colonnello Maria Concetta Di Domenica e della squadra mobile della Questura guidata dal dirigente Guglielmo Battisti, coinvolge cinquanta persone e 44 società della Penisola. L’epicentro del malaffare è ancora una volta il nostro territorio, dove vivono sei dei nove rappresentanti legali indagati nell’ambito dell’operazione denominata “Titano”.
Quattro di loro sono “vecchie conoscenze” perché già coinvolte nella maxi-operazione Billions, che è la madre delle inchieste reggiane su questo tipo di reati. Su tutti spicca il nome del gommista Antonio Sestito, 44 anni, cutrese residente a Cadelbosco Sopra (il padre Dante è stato condannato in primo grado a 26 anni per l’omicidio di Salvatore Silipo, avvenuto nell’ottobre 2021 nell’officina di famiglia). Antonio Sestito figura nell’inchiesta Billions come uno dei promotori dell’organizzazione specializzata in false fatture. Per gli inquirenti sarebbe una figura di riferimento anche in questa nuova indagine. Durante le perquisizioni è finito in manette, perché trovato in possesso di una pistola con matricola abrasa, Walter Di Castri, 53 anni, nato a Mariano Comense e residente a Gualtieri. Anche lui figura tra le persone coinvolte in Billions, al pari di Roberto e Graziano Crotti, rispettivamente di 43 e 64 anni, entrambi residenti a Novellara.
Nella nostra provincia hanno ricevuto la visita delle fiamme gialle e della polizia anche un egiziano residente a Reggio e uno spagnolo che abita a Carpineti. Altri due rappresentanti legali sono della provincia di Verona e un terzo di quella di Genova. Le forze dell’ordine hanno dato esecuzione a un decreto di perquisizione e a due decreti di sequestro preventivo emessi dal Gip Luca Ramponi su richiesta della procura. Le aziende cartiere risultavano esercitare formalmente attività di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, macchine per l’edilizia, imballaggi, computer e software, fabbricazione di articoli metallici e commercio al dettaglio di prodotti via internet. In realtà, il loro unico scopo era quello di produrre false fatture per consentire a soggetti terzi di abbattere l’imponibile e dunque pagare meno tasse. Le società utilizzatrici operano nel campo del commercio all’ingrosso di imballaggi, edilizia e abbigliamento. Nella nostra provincia risulta coinvolta, come utilizzatrice, una società di costruzioni di Reggiolo.
Le otto società guidate dai nove rappresentanti legali grazie a queste frodi hanno conseguito un profitto di sei milioni di euro e pertanto i sequestri disposti dalla magistratura sono di tale importo. Dal 2018 al 2022 le cartiere hanno prodotto fatture per 62 milioni di euro che decine di aziende italiane hanno utilizzato nelle rispettive dichiarazioni annuali ai fini dell’Iva e delle imposte dirette. L’inchiesta ha coinvolto principalmente le province di Brescia, Bergamo, Milano, Mantova, Reggio Emilia, Parma, Modena, Napoli, Roma, Torino e Verona.
«Questa operazione – commenta il colonnello Filippo Ivan Bixio, comandante provinciale della Guardia di Finanza – conferma il ruolo centrale della provincia reggiana nel fenomeno delle false fatture. Si è creata una saldatura tra chi fornisce questo tipo di servizi, spesso residente nella nostra provincia, e il mondo imprenditoriale nazionale. Molte di queste cartiere hanno sede altrove, ma chi le controlla sono persone residenti qui». In passato, ma non in questa indagine, sono emerse anche contiguità con esponenti della criminalità organizzata. Di certo, il mondo delle false fatture rappresenta una vasta area grigia dove criminalità e parte del mondo imprenditoriale entrano in contatto e dialogano proficuamente. A febbraio il procuratore capo Paci, nel corso di un’audizione in commissione parlamentare antimafia aveva detto che «c’è una domanda a livello nazionale di gestione di attività economiche in nero per cui molti imprenditori, anche noti brand nazionali, si rivolgono a queste organizzazioni di Reggio Emilia per acquistare pacchetti di false fatture». Inoltre, aveva aggiunto che «l’estorsione non avviene più tramite l’imposizione violenta e intimidatoria, normalmente la falsa fatturazione diviene il meccanismo che consente sia all’estorto che all’estorsore di trarre un vantaggio a danno dello Stato». Nel corso delle perquisizioni avvenute, le forze dell’ordine hanno sequestrato orologi, auto costose e gioielli. Sono pure stati impiegati cani specializzati nel fiutare le banconote, anche se non risulta ne siano state trovate in grandi quantità. © RIPRODUZIONE RISERVATA