Gazzetta di Reggio

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La denuncia

«Ci hanno tolto senza risposte il bimbo che ci è stato affidato per due anni»

Serena Arbizzi
«Ci hanno tolto senza risposte il bimbo che ci è stato affidato per due anni»

La coppia ha ha 67 e 70 anni. Il bambino verrà affidato a un’altra famiglia più giovane

23 giugno 2024
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Reggio Emilia «Ci hanno tolto il bambino che abbiamo accudito fin da quand’era un neonato per due anni. Nella relazione compilata sul nostro conto dai servizi sociali c’erano scritte cose non vere, come che non abbiamo favorito gli incontri con i genitori. Noi vogliamo la risposta del tribunale sulla nostra richiesta di adozione speciale. E valuteremo eventuali azioni legali».

La coppia in questione, in cui marito e moglie hanno rispettivamente 67 e 70 anni, vive a Reggio Emilia. Da circa 20 anni ha maturato una profonda esperienza negli affidi, ospitando più minori per periodi più o meno lunghi. Nel febbraio del 2022 i servizi sociali del Comune di Modena hanno affidato loro un piccolo, nato in una famiglia con problemi di tossicodipendenza. Il piccolo è rimasto in ospedale due mesi per disintossicarsi. La coppia si affeziona moltissimo al bimbo e lui a loro. Il bambino si integra perfettamente nel contesto in cui vive la famiglia e diviene amato e conosciuto da tutti nel quartiere e al nido al quale è stato iscritto. Tutto va avanti per due anni e il legame cresce.

Alla fine dello scorso aprile, però, arriva la notizia che il bambino verrà affidato a un’altra famiglia più giovane. Il distacco è avvenuto il 5 giugno scorso, lasciando lo strazio della separazione nel cuore della coppia affidataria. «I servizi ci hanno chiamato nel gennaio 2024 dicendoci che il giudice aveva dato mandato di affidare il bambino a un’altra famiglia – rimarcano –. La legge sulla continuità degli affetti ha stabilito tuttavia che la famiglia affidataria dopo un periodo piuttosto lungo ha facoltà di presentare la richiesta di adozione speciale. Abbiamo così presentato l’istanza legittima per adottare il bambino».

In questa storia l’affetto si mescola alle lacrime. Quelle dei due affidatari, mentre ricordano tutte le volte in cui hanno preso in braccio il bimbo, di notte, per calmarlo dalle fragilità di cui soffriva, di cui erano stati informati in anticipo dai medici. E per cui la coppia aveva preso contatti con il Centro Antoniano di neuropsichiatria infantile di Bologna, per garantire al piccolo la migliore assistenza possibile. «L’unico modo per calmarlo era prenderlo in braccio: lo abbiamo sempre fatto con amore, come tutto il resto, e lui si tranquillizzava – rivelano i due –. Inoltre, abbiamo sempre informato i servizi, che per altro ci hanno anche ringraziato, con gli aggiornamenti necessari».

Poi la doccia fredda: il 12 giugno viene convocata l’udienza per discutere l’istanza di adozione speciale. «La relazione redatta dai servizi sociali dà informazioni che noi respingiamo, come il fatto che io sia rappresentata come persona possessiva – aggiunge la 67enne –. Un giudice che legge quella relazione potrebbe chiedersi perché, allora, viste queste premesse il bambino sia stato lasciato a noi per due anni? È stata tralasciata l’iscrizione del bambino al nido, così come altri aspetti».

«Noi – dice la coppia – vogliamo la risposta ufficiale del tribunale sull’istanza di adozione speciale a seguito di fragilità subentrate e certificate da specialisti. In base a quella decideremo il da farsi. Abbiamo vicina l’Ufai, l’Unione delle Famiglie Adottive Italiane, per valutare se ci sono gli estremi per agire a livello legale sulla relazione consegnata al tribunale. Chiediamo almeno la continuità affettiva, prevista dalla legge 173/2015, ovvero di poter vedere ogni tanto il bambino e chiedere come sta».