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La Cassazione

Poliziotto assolto in via definitiva: «Non depistò le indagini per rapina»

Serena Arbizzi
Poliziotto assolto in via definitiva: «Non depistò le indagini per rapina»

La decisione dopo quattro anni; rinviati in appello gli atti per il falso

23 giugno 2024
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Reggio Emilia. Assolto dall’accusa infamante di depistaggio, a quattro anni dalle indagini. Un poliziotto della Questura reggiana era finito a processo con quest’accusa - insieme a quella, meno grave, di falso in atto pubblico per cui gli atti sono stati rinviati in Appello - nel 2020. Al poliziotto e ad altri due colleghi era contestato di aver calcato la mano sui verbali di indagine in merito alla serie di rapine, nella zona della stazione, avvenute nell’aprile 2020. Indagine che portò all’arresto di due gambiani, Njie Essa e Doudou Momodou Tall, entrambi con precedenti alle spalle. Gli agenti avevano contribuito a loro volta a individuare e a catturare i responsabili delle rapine.

Tuttavia, scaturì un’indagine interna alla Questura, sulla base di una segnalazione sull’operato dei tre poliziotti. A carico dei tre venne stabilita anche una sospensione da parte del questore, parallela al procedimento giudiziario che segnò l’inizio di un periodo molto pesante sotto diversi punti di vista per chi si è trovato a doverlo affrontare. Uno dei poliziotti patteggiò e una seconda venne assolta. Per il terzo il calvario giudiziario si è concluso in modo definitivo, davanti alla Suprema Corte, nei giorni scorsi, con l’assoluzione con formula piena, perché il fatto non sussiste. Gli atti, come detto, verranno invece rinviati alla Corte d’appello di Bologna per quanto riguarda il reato di falso. Il poliziotto, assistito dall’avvocato Roberto Stanislao del Foro di Lecce, ha presentato ricorso in Cassazione, sottolineando la «carenza» e «l’illogicità argomentativa della sentenza appellata che, con disamina incompleta e parcellizzata del materiale probatorio acquisito e la sostituzione di generiche presunzioni o regole di esperienza all’attenta, completa ed esaustiva lettura dei dati processuali, ha omesso di valorizzare in modo opportuno, con correlazione logica e tra di loro, gli elementi e le prove a discarico, fornite dalla difesa», si legge nel testo del ricorso. Dove si legge, inoltre, che l’agente «non è mai stato destinatario di provvedimenti o contestazioni disciplinari».

A finire nel mirino furono i verbali su due rapine del 17 e del 22 aprile, che sarebbero stati considerati in parte non attendibili. Tra i falsi contestati dalla Procura, allora diretta da Marco Mescolini, i riconoscimenti di due vittime in Questura. Riconoscimenti che, invece, sarebbero avvenuti a casa delle persone. Oppure, il fatto che una giacca sospetta fosse stata ritrovata addosso all’indagato, mentre era stata recuperata alle ex Reggiane. Ancora, la questione delle generalità di uno dei due indagati, che non coincidevano rispetto a quelle trascritte a verbale. Tuttavia, l’accusa più pesante era quella di depistaggio, perché l’aver falsamente rappresentato la realtà alla autorità giudiziaria, ne ha influenzato poi il giudizio. Accusa da cui l’agente è stato assolto in via definitiva.

L’inchiesta che permise di catturare i due rapinatori fu definita “indagine lampo”, perché in poco tempo furono assicurati alla giustizia due responsabili di una escalation di rapine che fecero scattare l’allarme per la forte presenza della microcriminalità.