Gazzetta di Reggio

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La relazione semestrale

Mafie, la Dia tiene alta la guardia «Reggio Emilia resta sempre l’epicentro»

Luca Giuseppe Murrone
Mafie, la Dia tiene alta la guardia «Reggio Emilia resta sempre l’epicentro»

Presentata dal ministro dell’Interno la relazione semestrale sulla lotta al crimine Emerge ancora il radicamento sul territorio della cosca dei Grande Aracri

24 giugno 2024
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Reggio Emilia È stata presentata nei giorni scorsi, dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, la relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) in riferimento alla lotta al crimine nell’intero Paese nel periodo che va dal gennaio al giugno 2023. Si tratta di circa 400 pagine di relazione:al centro il concetto per cui le mafie sono sempre più radicate nell’intero territorio italiano e non sono più soltanto da considerare “roba del Sud”. Lo sa benissimo anche la provincia di Reggio Emilia, che da anni è al centro di inchieste giudiziarie imponenti già prima del 2015, che proprio dalla relazione della Dia è ancora una volta definita come «l’epicentro del sodalizio ‘ndranghetista autonomo emiliano oramai cristallizzato nelle diverse pronunce irrevocabili del noto processo Aemilia».

Secondo quanto emerge dalla relazione, sono state 53 le interdittive antimafia emesse dalle varie Prefetture in Emilia Romagna nel primo semestre del 2023. La maggior parte delle interdittive è stata emessa proprio dalla Prefettura di Reggio Emilia che, ancora una volta, si dimostra determinata e determinante nel contrasto alla criminalità organizzata. Se analizziamo più nel dettaglio proprio l’operazione di contrasto alle mafie nell’intero anno 2023 in provincia di Reggio Emilia, notiamo infatti come siano ancora molto alti i numeri: 61 interdittive nell’intero 2023 emesse dalla Prefettura reggiana. Un lavoro avviato dal precedente prefetto Iolanda Rolli, che ha lasciato il posto a Maria Rita Cociuffa che, solo nei primi mesi di quest’anno, ha emesso già decine di interdittive. E quando si parla di interdittive emergono i fantasmi di Aemilia, ma anche di altre inchieste come Perseverance, Billions, Grimilde. Ed è impossibile non far riferimento ai legami in essere tra la Calabria e l’Emilia-Romagna. Ancora una volta, nelle pagine della relazione della Dia, emerge infatti la potenza della famiglia Grande Aracri che, nonostante le numerose inchieste giudiziarie, riesce comunque a mantenere relazioni restando ben radicata sul territorio sia calabrese ma anche e soprattutto emiliano e reggiano in particolare: provincia di Reggio Emilia che è stata, ancora una volta, interessata, nei mesi scorsi, come certificano i dati del lavoro degli investigatori, da diverse interdittive antimafia.

La “mafia reggiana” ancora una volta si camuffa bene tra colletti bianchi e accenti calabresi. Nonostante ciò, la misura preventiva di contrasto messa in piede dalle forze dell’ordine non è da meno. Contrasto che tocca diversi punti e si fa sempre in comunione con gli investigatori di altre regioni d’Italia e non solo. Il Reggiano in particolare, nonostante le interdittive, essendo un territorio “economicamente sano” resta sempre molto appetibile alle mafie che nonostante le misure di contrasto della magistratura, perseverano proprio grazie alla capacità di instaurare rapporti con i membri della cosiddetta società civile. Questo è quanta cita la relazione semestrale: «Nel contesto della prevenzione antimafia, la Dia svolge un ruolo essenziale nel monitoraggio delle commesse e degli appalti, assicurando una rapida elaborazione delle richieste di verifica antimafia inoltrate dalle Prefetture, al fine di valutare il coinvolgimento delle imprese e il rischio di infiltrazione mafiosa, senza però rallentare l’esecuzione dei lavori».

Lavori che non vengono rallentati, ma vengono analizzati per capire se tutto fila liscio soprattutto se tutto avviene nell’ambito della legalità. A tal proposito sempre secondo quanto riportato dalla relazione semestrale della Dia si legge: «Per prevenire l’infiltrazione delle mafie nel settore degli appalti pubblici è quindi fondamentale che le istituzioni preposte agiscano in modo efficace rilevando tempestivamente qualsiasi irregolarità nelle procedure di assegnazione degli appalti». E ancora: «Le mafie “moderne” sono infatti simili a pericolosi trust societari che inquinano l’economia legale, molto spesso ricorrendo alla violenza e all’impiego di capitali illecitamente accumulati». Questo accade in Italia, al Sud, ma anche a Reggio Emilia dove le mafie continuano a muoversi con la magistratura che non resta di certo immobile. © RIPRODUZIONE RISERVATA