Gazzetta di Reggio

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Processo

Abusi su un disabile durante la visita: «Il dottore ha chiesto: ti è piaciuto?»

Ambra Prati
Abusi su un disabile durante la visita: «Il dottore ha chiesto: ti è piaciuto?»

Violenza sessuale In aula il racconto terribile della madre e del padre

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Reggio Emilia «Mamma il dottore mi ha abbassato i pantaloni, ha fatto quel che doveva fare e poi mi ha chiesto: ti è piaciuto?». Questa la frase agghiacciante confermata in aula dai genitori di un giovane disabile (all’epoca dei fatti 23enne, oggi 26enne) che ha trascinato alla sbarra un medico con un’accusa infamante: violenza sessuale aggravata (dal ruolo del professionista).

È entrato nel vivo, ieri in tribunale a Reggio, il processo scaturito da una denuncia presentata nell’ottobre del 2020, in pieno periodo Covid. Il giovane, con un ritardo cognitivo di natura genetica, si sottoponeva spesso a visite nel reparto di Endocrinologia del Santa Maria Nuova. Dopo due visite passate lisce, nella terza è avvenuto il fattaccio, come ha rievocato la madre incalzata dal pm Valentina Salvi. «Il papà aspettava in auto. Nella sala d’attesa c’era molta gente: quando è venuto il nostro turno il dottore ha fatto entrare lui lasciandomi sulla soglia. In pratica mi è stata chiusa la porta in faccia».

Passato un quarto d’ora, il giovane ha chiamato la madre. «Mio figlio era vicino al lettino, il dottore era seduto che scriveva». Appena usciti la madre, vedendolo agitato, ha chiesto com’era andata: e ha sentito un racconto incredibile. «Mi ha provato la pressione – ha riferito il ragazzo –. Poi sai cos’ha fatto? Mi ha preso per il braccio portandomi vicino al paravento», dove sarebbero avvenuti una masturbazione e un rapporto orale.

«Non ci potevo credere. Mio figlio non ha reagito perché era bloccato, impietrito: non aveva mai avuto rapporti sessuali, non sa nemmeno cosa sia lo sperma», ha proseguito la madre, che in auto si è confrontata con il padre. Quest’ultimo «ha fatto un giro, poi è tornato indietro: voleva affrontare il dottore».

Il seguito lo ha descritto il padre, costretto più volte a lunghe pause per la rabbia e la commozione. «Sono entrato alzando la voce: “Che tipo di visita hai fatto? Voglio delle spiegazioni!”. Stavo tremando. Il medico indietreggiava in silenzio e negava: “Niente, non ho fatto niente”. Per il trambusto sono accorsi a separarci. Dopo 5 minuti è arrivata la polizia, dopo 10 eravamo al pronto soccorso, dove siamo rimasti fino a sera».

Da notare che, essendo accaduto all’interno dell’ospedale, l’intervento immediato degli agenti e la visita al giovane ha permesso all’accusa di avere una quantità di reperti inconsueta: sui vestiti, sugli oggetti dell’ambulatorio, sulla saliva, sullo sperma. Grazie al Dna e agli incidenti probatori il medico, rimasto agli arresti domiciliari per quasi un anno, è finito a processo.

L’avvocato di parte civile (tutela il 26enne) Alessandro Nizzoli ha evidenziato il brutto periodo passato dal giovane dopo quell’episodio. «Per alcuni mesi è stato ansioso, non dormiva, non usciva di casa – hanno detto i genitori –. Nostro figlio è tornato sereno dopo aver parlato con il giudice: si è tolto un peso».

La parte civile ha insistito anche su un altro aspetto: mentre tutti indossavano le mascherine, il medico la portava abbassata. «Una vicenda molto delicata, che riguarda un professionista con 35 anni di servizio alle spalle al quale non è mai stato addebitato alcun comportamento anomalo», hanno detto gli avvocati difensori Enrico Della Capanna e Gianni Franzoni. l