«Il sogno di papà era di riportare in Rwanda tutte le sue conoscenze»
Parlano i figli di Muhineza, morto dopo lo schianto in moto a La Rocca: «Era venuto in Italia per studiare e lavorare. Poi ha deciso di stabilirsi qui. Ma voleva aiutare il suo paese»
Cadelbosco Sopra «Nostro padre aveva un grande sogno: quello di portare in Rwanda tutte le sue conoscenze e l’esperienza che aveva accumulato in Italia, in anni di studio e lavoro. C’era quasi riuscito».
Lo raccontano con la luce negli occhi e un sorriso pieno di orgoglio e tenerezza Celine e Victor Muhineza, i due figli maggiori di Fidele, il veterinario di 59 anni morto lunedì mattina, 24 giugno, all’ospedale Maggiore di Parma, a causa delle gravi ferite riportate in un incidente in scooter lungo la provinciale 40 a La Rocca domenica sera, 23 giugno.
Il vuoto dell’attesa per il via libera da parte della Procura, che ancora non ha riconsegnato la salma ai famigliari, lo vogliono riempire così. Lei 20 anni, studentessa di Economia all’università di Bologna, lui 19. Entrambi camerieri in una catena di pizzerie, hanno un futuro davanti tutto da decidere.
Con loro Muhineza, che a Reggio Emilia era stato anche candidato con Gianluca Vinci per la Lega nel 2014 ed era socio del Lions club, lascia anche un figlio 13enne, Wilson Boni, che ora è con la mamma, da cui Muhineza si era separato diversi anni fa e che è sempre rimasta presente nella vita della famiglia.
«Vogliamo raccontare la sua storia», dicono i due ragazzi e mostrano tutti i diplomi conseguiti dal padre e articoli di giornale ruandesi che, nel 2005, riportavano l’impresa del veterinario che dall’Italia avrebbe portato nel paese d’origine le nuove frontiere dell’allevamento.
«Aveva già ottenuto dei finanziamenti, ma poi il progetto si fermò a causa dei cambiamenti di interessi da parte del governo ruandese di allora – spiega Celine –. Ma lui non aveva mai abbandonato l’idea. Ci stava lavorando anche ora. Mi aveva trascinato con sé nell’impresa, grazie a fondi per start up di Unibo: io avrei curato la parte commerciale. L’incidente ha sospeso di nuovo tutto. Lui era venuto in Italia per studiare e lavorare. Poi ha deciso di stabilirsi qui. Ma voleva aiutare il suo paese»».
Muhineza era arrivato dal Rwanda con già un titolo da tecnico veterinario in tasca, conseguito all’Ecole agricole et veterinaire di Kabutare. Poi a Bologna, nel 1997, aveva conseguito la laurea: «Con 100 su 110 – sottolineano i figli –. All’università ha studiato sette anni. Un grande impegno, in quel periodo, lo ha messo a imparare l’italiano: seguiva un corso a Perugia. Ma il suo obiettivo era fare esperienza qui per riportarla a casa».
Così ha cercato subito lavoro e si è fatto ben riconoscere. «Lo ha trovato a Reggio Emilia – raccontano i figli –, prima a Castellazzo poi nell’allevamento di Ugo Melli. Morto Ugo ha continuato a collaborare con il figlio Francesco. Nel frattempo ha scelto di stabilirsi qui».
Nel mezzo un breve rientro in Rwanda e il matrimonio con quella che diventerà la madre dei suoi figli, Sandrine, e persino un periodo di lavoro in Congo. «Ma lui non ha mai perso di vista il suo obiettivo».
«A noi ha sempre cercato di tramettere l’interesse per il nostro paese d’origine – sorridono i due ragazzi –, di coinvolgerci, raccontandoci delle sue esperienze, di spronarci per gli studi. In questo periodo stava anche organizzando un viaggio insieme in Rwanda. L’impegno in politica? Eravamo piccoli, ma non ci ha stupito: rientrava tutto nel quadro; è sempre stato attivo anche nel sociale».
«Sull’incidente – dicono – vorremmo sapere di più: non pensiamo ci fosse qualcuno con lui, altrimenti ce lo avrebbero detto, ma se così fosse, che si faccia avanti. Vorremmo anche ritrovare i suoi occhiali, che non abbiamo riavuto tra i suoi effetti. Inoltre vorremmo che si facesse l’autopsia. Soffriva di diabete sì, ma non aveva mai avuto malori. Potremmo così capire se c’era qualche altra patologia non riconosciuta». l