Coniugi morti nell’incendio di via Turri, i familiari insorgono: «Attendiamo il processo da 6 anni»
«Non accettiamo che non ci sia un colpevole». Nel 2018 ci furono 38 feriti e 2 morti
Reggio Emilia «Abbiamo chiesto che l’indagine vada avanti, con l’imputazione coattiva del vicino di casa unico indagato per omicidio colposo. E abbiamo chiesto che nel processo l’amministratore dell’epoca del condominio sia coinvolto per la responsabilità colposa: sapeva che le cantine erano piene di materiale infiammabile, che mancavano gli estintori e l’allarme antincendi, eppure non ha adottato le misure necessarie ».
Così gli avvocati Giacomo Fornaciari e Abrahim Zaccaria, che tutelano i familiari dei coniugi morti nell’incendio di via Turri – Mohammed Bahik, 57 anni, e Malika Ouatach, 54 anni – hanno sintetizzato l’udienza di ieri in tribunale davanti al gup Silvia Guareschi.
La vicenda è quella del maxi rogo partito da una cantina che, nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 2018, scoppiò nella palazzina di via Turri 33. Ci furono scene di panico, con i vigili del fuoco che salvarono persone dalle finestre. Il bilancio finale fu di 38 feriti e due morti: marito e moglie marocchini, che vennero trovati senza vita sulle scale invase dal fumo. Il rogo è stato doloso e sul posto è intervenuto perfino il Ris di Roma. La Procura ha indagato per omicidio un residente nel condominio: proprietario di tre appartamenti e con un debito di migliaia di euro nei confronti del condominio, il vicino, che aveva le chiavi della cantina, è stato filmato mentre scompariva nella cantina per dieci minuti con qualcosa di metallico in mano. In precedenza aveva fatto ricerche sul computer sull’assicurazione in caso di incendio. Ma sia il gup sia il Riesame hanno ritenuto gli elementi insufficienti per una misura cautelare.
Il pm Maria Rita Pantani ha chiesto l’archiviazione, alla quale si sono opposti i familiari delle vittime che ieri ci hanno riprovato. Nella seduta il pm – totalmente in disaccordo sulla presunta responsabilità dell’amministratore – non ha potuto fare altro che rimettersi alla decisione del gup Guareschi, la quale si è presa tempo per decidere se ordinare l’imputazione coattiva alla quale si è opposto l’avvocato del vicino Oreste Carrozza.
È l’ultima speranza dei familiari delle vittime di ottenere un processo. La sorella Siham Bhaixis, la madre Fathima Zahar e i due figli orfani Kamal (26 anni) e Aymane Bahik (22 anni) hanno detto: «Abbiamo fiducia nella giustizia italiana. Non possiamo accettare che, a distanza di sei anni, non ci sia un colpevole. Non è possibile che per un fatto così grave non sia emersa una responsabilità. Vogliamo la verità e speriamo tuttora che il giudice comprenda la nostra sofferenza». Da quella terribile notte la vita della famiglia è cambiata. I figli abitano con la nonna in una casa messa a disposizione dal Comune. «Le autorità ci hanno aiutato – hanno detto i giovani, che lavorano entrambi come magazzinieri – Io, che ero un ragazzino, avrei potuto continuare a studiare». Invece a distanza di un lustro l’iter giudiziario pare in stallo. «Ci auguriamo che questa lunga attesa sia valsa a qualcosa», hanno concluso i parenti.
«A nostro avviso ci sono sufficienti elementi per un vaglio dibattimentale», hanno concluso i legali.
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