Al via l’Assise sull’omicidio in stazione a Reggio Emilia: Il fendente letale è avvenuto in via Eritrea
Hadi Trabelsi, tunisino di 23 anni, deve rispondere di omicidio volontario aggravato dai futili motivi
Reggio Emilia Nel video registrato dalle telecamere, che ha ripreso per intero la scena del delitto, si vede il diverbio tra i due in piazzale Europa, che prosegue in via Eritrea (all’altezza delle Poste): è lì che è stato inferto il fendente che ha trapassato da parte a parte il torace del 18enne. L’arma, un coltellaccio da cucina, è stata ritrovata in un cestino di via Eritrea. Poi la disperata fuga della vittima lungo il binario 1 della stazione, dove all’improvviso si è accasciato ed è morto. È una delle prove ammesse ieri in tribunale, dove si è aperta la Corte d’Assise davanti alla giuria popolare (presieduta dal giudice Cristina Beretti, a latere Francesca Piergallini) per il delitto della stazione. Alla sbarra, imputato per omicidio volontario aggravato dai futili motivi, il tunisino 23enne Hadi Trabelsi: rischia l’ergastolo.
La sera del 31 maggio 2023 il 18enne Mohamed Ali Tabhet Thabet – arrivato in Italia come minorenne non accompagnato e finito nel limbo degli irregolari senza fissa dimora – è stato accoltellato dal vicino di coperta, un altro giovane dalla vita ai margini. Il cadavere è stato scoperto all’alba del giorno seguente. Un caso subito risolto dai carabinieri grazie alla videosorveglianza. Ma l’assassino, pregiudicato gravitante su Sassuolo, è fuggito a Marsiglia; dopo una latitanza durata 45 giorni, il 15 luglio 2023 è stato catturato dalla polizia e da allora è detenuto alla Pulce. Aspetto ben diverso dalle foto segnaletiche che sono circolate a lungo – camicia e una folta capigliatura con le dreadlocks –, Trabelsi ha rifiutato di farsi fotografare ed è stato assistito dall’interprete.
Ha esordito la parte civile, lo zio tutelato dall’avvocato Angelo Russo sostituito dalla collega Gaia Federica Furnò, che ha chiesto la costituzione di parte civile anche dei genitori, di due fratelli minori e della sorella, tutti residenti in Tunisia. L’avvocato difensore di fiducia dell’imputato, Mattia Fontanesi, si è opposto alla «costituzione tardiva», che però in seguito è stata ammessa.
L’avvocato Fontanesi ha rinnovato la richiesta di rito abbreviato e la corte si è riservata «all’esito dell’istruttoria». Già in sede di udienza preliminare il gip aveva negato il rito abbreviato; tuttavia era necessario riproporre il tema adesso perché, se cadrà l’aggravante, la difesa potrebbe avere diritto a usufruire dello sconto di un terzo del rito abbreviato, non ammesso per quei reati punibili con l’ergastolo come l’attuale capo d’imputazione.
È evidente che la battaglia legale si giocherà su questo aspetto: quei 10 o 20 euro prestati alla vittima il giorno prima dall’assassino, che ne pretendeva la restituzione. Una somma irrisoria, che tuttavia nel sottobosco dei senzatetto in cui è maturato il delitto poteva fare la differenza. Questo sarà il perno della linea difensiva, visto che il 23enne è reo confesso. «Il mio assistito, detenuto da un anno, soffre molto – ha detto il legale –. È pentito e, come ha già dichiarato, non aveva intenzione di uccidere». L’avvocato Fontanesi ha chiesto l’esame dell’imputato e il gratuito patrocinio.
Le parti hanno consentito ad acquisire gli atti del pm. È prevista una breve istruttoria. Il 10 settembre si inizierà con i testimoni dell’accusa, rappresentata dal pm Giulia Galfano: il luogotenente dei carabinieri Roberto Bentivoglio, che ha svolto l’indagine, i due poliziotti della Squadra Mobile che catturarono il latitante e il medico legale.