Gazzetta di Reggio

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Il ritorno del lupo in Appennino «L’incrocio con i cani minaccia la specie»

Filippo Simonelli
Il ritorno del lupo in Appennino «L’incrocio con i cani minaccia la specie»

L’intervista a Luigi Molinari (WAC) sul ripopolamento e sui fattori che mettono a rischio questo canide

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Rimasti solo cento esemplari all’inizio degli anni ’70, ora se ne contano più di 3mila in tutta Italia. Un ritorno, quello del lupo, che deve molto proprio a colui che inizialmente ha minacciato la sua specie portandola all’orlo dell’estinzione: l’uomo, il quale, considerando il lupo e tutti gli altri grandi carnivori specie “nocive” (perché suoi diretti competitori alimentari), in passato ha intrapreso una lotta che ha portato a decimare la sua popolazione fino quasi alla sua totale scomparsa. È dal 1971, però, che, data la carenza di un animale così iconico e fondamentale per la sussistenza dell’ecosistema, il lupo è stato inserito fra le specie protette. Infatti, le leggi emanate a livello nazionale, sommate agli sforzi di enti come il “Wolf Appennino Center” – centro permanente di riferimento istituzionale per la gestione del lupo su scala interregionale (Appennino settentrionale)–, che si sono protratti per tutti questi anni, hanno portato a notevoli risultati: il ripristino dei suoi habitat naturali e il ripopolamento della specie, che hanno segnato un importante trionfo per la biodiversità e la fauna del territorio italiano. Tuttavia questo fenomeno non rappresenta solo un traguardo che fino a pochi decenni fa sembrava impossibile da raggiungere, bensì anche l’inizio di nuove sfide per la convivenza fra il lupo e le attività umane. A tal proposito abbiamo avuto il piacere di intervistare una persona che conosce questo canide molto bene: il tecnico faunistico del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, nonché zoologo del Wolf Apennine Center, Luigi Molinari.

A cosa è dovuto il ritorno del lupo?

«In Appennino la presenza del lupo è stabile da ormai trent’anni e, in questo ultimo periodo, sono sempre più numerosi gli avvistamenti anche in Pianura Padana, soprattutto nelle campagne limitrofe a Reggio Emilia e Parma. I fattori che hanno permesso questo ripopolamento sono numerosi. In primo luogo, dal 1971 il lupo è una specie protetta, di cui quindi è vietata la caccia. Inoltre sono in notevole crescita anche le popolazioni di ungulati selvatici (quali caprioli, cinghiali e cervi), che sono alla base della sua catena alimentare. Infine, grazie alla sua capacità di spostamento, il lupo riesce a percorrere centinaia di chilometri alla ricerca del territorio a lui più affine».

Quale fattore minaccia maggiormente il lupo oggi?

«Mentre durante lo scorso secolo ciò che minacciava la conservazione della specie era soprattutto il basso numero di esemplari presenti sul territorio, oggi noi tecnici faunistici ci troviamo a dover fronteggiare un problema che insidia il patrimonio genetico della specie: gli incroci fra cani e lupi. Appartenenti alla stessa famiglia dei canidi, spesso accade che queste due razze si mescolino fra di loro dando vita a esemplari ibridi e non selezionati della natura per vivere nel mondo selvatico».

Ci sono credenze popolari sul lupo da smentire?

«Sì, spesso le persone temono il lupo e sono convinte che, se si dovesse presentare l’occasione, le attaccherebbe invece bisogna ricordare che è un animale molto diffidente: cerca di evitare categoricamente l’incontro con l’uomo. Inoltre si vocifera che il ripopolamento che ha riportato le nostre zona a brulicare di questi animali sia avvenuto per mano dell’uomo, quando, in realtà, ha solo rimesso il lupo nelle condizioni di tornare a vivere e a riprodursi naturalmente».