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Emergenza caldo al lavoro: «Oltre i 35° si può rischiare la vita»

Giovanni Medici
Emergenza caldo al lavoro: «Oltre i 35° si può rischiare la vita»

Più a rischio braccianti agricoli, muratori, operai, posatori di asfalto, operatori nei magazzini. Sindacati all’attacco: «Servono organizzazione, prevenzione e controlli»

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Braccianti agricoli, muratori, operai, posatori di asfalto, operatori nei magazzini della logistica: sono queste le persone che soffrono di più sul lavoro a causa del caldo. Viste le previsioni meteo per questa settimana cresce l’allarme per possibili malori che sono veri e propri infortuni sul lavoro e possono mettere a rischio la vita stessa. Dal 2017 prima e poi dal 2022 Inps definisce temperature « eccezionalmente elevate quelle superiori ai 35°».

Per l’Istituto di previdenza ciò impedisce lo svolgimento di fasi di lavoro in luoghi non protetti dal sole o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore. Per questo considera attivabile in questi casi la Cassa integrazione ordinaria. «Ma già con i 35 gradi percepiti questo è possibile – spiega Carlo Fontani, responsabile del Coordinamento salute e sicurezza della Cgil Emilia Romagna – Non si può più parlare di emergenza caldo e non sono stati fatti grossi passi avanti rispetto all’anno scorso dal punto di vista della normativa nazionale. Sono necessari investimenti strutturali, definendo soluzioni organizzative che riducano ritmi e orario di lavoro e che limitino ed escludano le attività ad elevato contenuto fisico nelle ore più calde». Rischio infortuni Il tutto, segnala Fontani, in un contesto infortunistico in peggioramento.

«Nei primi 5 mesi del 2024 siamo già arrivati in regione a 39 infortuni mortali (il 62. 5% in più) e il caldo è un rischio aggiuntivo. E’ fondamentale monitorare le temperature nei luoghi di lavoro, fare attività di prevenzione e informazione, anche per gli imprenditori. L’ultimo tavolo tra parti sociali e Governo del 20 giugno oltre ad arrivare in forte ritardo ha prodotto risultati insufficienti, come ad esempio – conclude Fontani – l’esclusione dalla copertura per stress termico dei lavoratori stagionali dell’agricoltura e degli addetti al trasporto e produzione occupati all’aperto».

Nei primi 5 mesi dell’anno gli infortuni denunciati in Emilia-Romagna sono stati oltre 32 mila, l’1. 4% in più del corrispondente periodo del 2023: le malattie professionali sono al contempo aumentate del 20% Nella Bassa ferrarese la Cgil sta monitorando la situazione per informare gli stagionali dei loro diritti, portando anche bottiglie di acqua fresca nei campi assolati. Nel reggiano già ci sono stati scioperi di protesta contro il caldo in alcune aziende. A Modena alla Rossi l’anno scorso i lavoratori incrociarono le braccia per lo stesso motivo. Per quanto possibile bisogna assicurare la disponibilità di aree ombreggiate o climatizzate per le pause e il raffreddamento: pianificare pause brevi ma frequenti in luoghi ombreggiati non causa meno produttività, anzi è il caldo invece che fa sì che il ritmo di lavoro rallenti e l’attenzione diminuisca e aumenti il rischio di errore umano. Allo stesso modo sarebbe auspicabile modificare i turni di lavoro, ad esempio introducendone uno unico 6-14 per evitare il ritorno dopo pranzo. Le imprese dal canto loro possono però essere restie per il rischio di ritardi nell’esecuzione dei lavori e dunque nel rispetto legale dei contratti.

«Questa settimana il termometro sarà stabilmente sui 39 in tutta la pianura emiliana, come avvertono le previsioni e gli allerta da bollino rosso. - spiega Cinzia Zaniboni, segretaria generale di Filca Cisl Emilia Centrale – Possiamo provare a gestirlo proteggendo la salute, la sicurezza e la vita di chi lavora nei cantieri edili o nel settore degli asfalti. Chiediamo alle imprese del settore un patto di umanità e civiltà, anticipando l’inizio dei lavori nelle ore più fresche del mattino in modo da terminare per mezzogiorno, attivando la Cassa integrazione per le due o tre ore che mancherebbero per coprire il turno di lavoro».

Cinzia Zaniboni, conclude poi con un monito per tutti, a cominciare dai datori di lavoro. «Il lavoro non può essere l’anticamera dell’inferno – spiega – e se non basta il richiamo all’umanità, le imprese riflettano sul costo di un operaio a casa per curarsi da un malore». Obblighi per il datore Il datore di lavoro deve poi rendere disponibile acqua potabile da bere e acqua per rinfrescarsi in contenitori ad hoc che dovrebbero essere installati in diverse postazioni, così come deve essere previsto sui luoghi di lavoro un locale climatizzato per chi voglia riposarsi. Gli stessi indumenti utilizzati dai dipendenti dovrebbero essere di cotone 100% per favorire la traspirazione. Si deve accettare che si aprano portoni e finestre, magari proteggendo con ripari le vetrate soleggiate. In caso di temperature sui 32-34 gradi e umidità sul 60% i lavoratori con patologie cardiache o respiratorie devono essere considerati severamente a rischio.

«Prevedere nei capitolati che un asfalto venga posato di notte e non di giorno, quando è possibile. Ecco, le amministrazioni possono e devono diventare ambasciatrici di questo cambiamento e, grazie al coordinamento della Provincia di Modena, stiamo lavorando in questa direzione. Il nostro sindacato – conclude Zaniboni – è a disposizione per costruire un modello virtuoso, capace di mettere anche il Governo di fronte alla responsabilità di inserire adeguate risorse nel suo bilancio»l © RIPRODUZIONE RISERVATA