Gazzetta di Reggio

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La denuncia/2

Medici, neanche l’emergenza se la passa bene «Siamo in undici, dovremmo essere 24»

Serena Arbizzi
Medici, neanche l’emergenza se la passa bene «Siamo in undici, dovremmo essere 24»

La dottoressa Pellati attacca: «Siamo in un loop organizzativo che va a rotoli»

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Reggio Emilia «I medici di emergenza territoriale 118 sono ad oggi 11, dovremmo essere almeno 24. Il resto dei turni sui mezzi di soccorso avanzati li coprono i dipendenti ospedalieri (ossia i medici del pronto soccorso)».

La dottoressa Daniela Pellati, medico di emergenza territoriale e referente regionale est Snami Emilia Romagna, parla dell’emergenza territoriale, vivendo al tempo stesso sulla sua pelle anche gli effetti del nuovo Accordo Collettivo Nazionale. «Con l’avvento del nuovo Acn, che ha stravolto il lavoro del medico di medicina generale trasformandolo a ruolo unico, sono iniziati gli abbandoni e siamo rimasti in 16 nella nostra classe a soli sei mesi dall’inizio», rivela la dottoressa che frequenta il corso per medico di medicina generale. Nell’emergenza territoriale non va meglio: «Con l’Intesa Regionale dell’agosto 2022 a Reggio è nato un grosso problema nella gestione dei medici di emergenza territoriale. L’Ausl reggiana ha da sempre impiegato i medici convenzionati 118 come dipendenti ospedalieri. Con l’applicazione della nuova intesa non è stato più possibile: ciò ha provocato un grosso scontro tra professionisti e azienda finito davanti al giudice del lavoro due volte. L’intesa regionale era chiara e hanno vinto i professionisti, ma non è stato indolore. Si è spaccato il gruppo tra chi ha preteso l’applicazione con tutte le sue condizioni e chi ha ceduto allo svolgimento delle doppie mansioni contemporanee volute dall’Ausl. Noi nasciamo come medici di emergenza territoriale 118, operiamo sulle automediche e, se diamo disponibilità, svolgiamo attività aggiuntiva di pronto soccorso quando non impegnati in turno 118, mentre l’azienda richiedeva che facessimo entrambe le attività insieme. Questo era per molti inaccettabile per l’alto rischio clinico e quindi professionale: comportava l’abbandono dei pazienti durante la visita in pronto soccorso in caso di attivazione in emergenza sul territorio. Quindi caos organizzativo aggravato da retribuzioni differenti tra professionisti della stessa categoria, appartenenti alla stessa Ausl, hanno generato pesanti malumori tra i colleghi, così che abbiamo perso cinque o sei medici nell’ultimo anno e mezzo».

La dottoressa denuncia come si siano persi «i medici necessari per garantire l’attività di soccorso avanzato con automedica, un servizio per questo fermato in più comuni con la chiusura di due mezzi ( Correggio e Montecchio). Raddoppiati i bacini di utenza per i mezzi medicalizzati rimanenti (solo quattro in tutta la provincia reggiana), con ulteriore stress per i professionisti che a fronte delle emergenze si vedono costretti a dover girare come una trottola da una parte all’altra del territorio e l’attesa, di fronte alle emergenze, rappresenta un guaio».

Pellati parla di «un loop organizzativo che sta andando a rotoli. Non si riescono ad assegnare nuovi incarichi perché l’Azienda non organizza tutti gli anni i corsi di formazione per i medici di emergenza territoriale. Chiuse le automediche e, nel tentativo di compensare, aperte nuove postazioni auto infermieristiche, ma l’infermiere non può sostituire un medico: questo sta portando tensione anche tra i professionisti infermieri che a loro volta stanno iniziando ad abbandonare il sistema di emergenza. Ci troviamo, inoltre, di fronte a contratti applicati diversamente a seconda delle province: va uniformata la retribuzione, vanno banditi i corsi con cadenza annuale, serve un numero congruo di automediche. Abbiamo tre elicotteri in regione, ma è un mezzo supplementare: in caso di maltempo non vola. E di notte abbiamo solo Bologna».