Pieve di San Vitale: un luogo da scoprire tra storia e ambiente
Nell’altipiano sulla sommità del monte Leto resti di antiche popolazioni e del confine romano
Carpineti Uno squarcio di bellezza, di storia, di panorami pronto a emergere tra la natura. Pochi luoghi dell’Appennino reggiano hanno il fascino della Pieve di San Vitale a Carpineti, l’altipiano sulla sommità del monte Leto dove oggi si trovano resti di antiche popolazioni, del confine romano e un ostello che nei mesi caldi accoglie centinaia di visitatori. Sia per la parte gastronomica sia per momenti residenziali, entrambi curati dall’associazione carpinetana Bailando por la Vida, titolare della gestione dal 2019. Il complesso monumentale della Pieve di San Vitale di Carpineti permette di mettere insieme tanti interessi e tanti mondi. Il fresco e il verde, intanto, di un’area lungo la dorsale che dal monte Valestra conduce poi al castello di Carpineti e al monte Fosola, raggiungibile in automobile dalla vecchia strada che conduce alla Fola e a Santa Caterina, nel versante carpinetano affacciato sulla valle del Secchia. Dalla Pieve partono poi diversi percorsi, tra cui il Sentiero Dorato che porta proprio al Castello delle Carpinete, una delle principali rocche matildiche. Il piccolo altipiano, di suo, offre parecchio spazio all’ombra, non solo a fianco del ristoro, in cui passare qualche ora di riposo sapendo di aver rifornimenti di cibo e bevande a poca distanza, nell’ostello che in questo periodo è quasi sempre attivo. La cucina è all’insegna della tradizione reggiana più pura, con pasta fresca, funghi, arrosti oltre a gnocco fritto e altri piatti più agii.
Il tutto partendo da colture a kilometro zero e produttori locali. L’effetto è impressionate, per chi arriva per la prima volta dopo chilometri di curve e alberi, sino a sbucare nello spazio aperto che consente anche di godere di panorami notevoli, verso la vallata del Secchia, il Modenese e il Cimone così come in direzione Canossa e Enza. In questo contesto verde, non selvaggio come alcuni decenni fa ma in cui il moderno è ancora decisamente subalterno, si trovano poi tracce preziose della storia emiliana, raccolte nel museo lapideo e nelle strutture superstiti della vecchia pieve romanica. San Vitale è da millenni luogo di confine e quindi di transito, a cavallo tra una vallata importante e la linea difensiva naturale rappresentata dai monti. I primi insediamenti risalgono al quarto secolo avanti Cristo, quando il monte Leto venne abitato dai Liguri, così come il vicino Valestra. Le due cime divengono gli ultimi fronti di resistenza contro l’avanzata romana, sino alla vittoria definitiva delle legioni di Roma nel secondo secolo Avanti Cristo, sancita proprio sull’altipiano. L’altra tappa cruciale porta al settimo secolo Dopo Cristo, quando il monte diventa un presidio bizantino, sede del Castrum Verabolum in cui operavano emissari e artigiani dell’Impero di Oriente. A quel periodo risale la prima chiesa cristiana, eretta sui resti di un luogo di culto pagano e titolata a uno dei santi più importanti della cultura di Bisanzio, Vitale. Da allora, e sino a oggi, l’intera area e il monte vengono chiamati San Vitale. Ed è sempre in quegli anni che il “limes” di San Vitale traccia una divisione culturale ancora oggi presente, quella della carne ovina. Nei territori bizantini la pecora era molto diffusa, nelle terre dei confinanti Longobardi invece l’allevamento di questi animali era inesistente, soppiantato dal maiale. Tutt’ora, nelle vallate del Tresinaro a Ovest di san Vitale, a Carpineti, Baiso e Viano, la carne di pecora è una tradizione più che consolidata in tantissime famiglie. Basta spostarsi di qualche chilometro, verso Toano, e l’usanza sparisce, svanita nell’acqua del Secchia. Per informazioni sull’ostello, visitare il sito https://pievedisanvitale.eu/ l © RIPRODUZIONE RISERVATA