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Fondi pensione per integrare l’assegno Inps, tutto quello che c’è da sapere

Leonardo Monselesan
Fondi pensione per integrare l’assegno Inps, tutto quello che c’è da sapere

Adesione, tassazione, prelievo in anticipo: ecco come funziona

19 agosto 2024
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La previdenza complementare è uno strumento sempre più importante per i lavoratori che saranno i futuri pensionati. Come funziona? Dando la propria adesione, è possibile accantonare una parte dello stipendio e/o il proprio Tfr/Tfs in un fondo di previdenza complementare che garantisca al momento del pensionamento una rendita (e/o un capitale) da affiancare all’assegno dell’Inps. Vi è però anche la possibilità, a determinate condizioni, di prelevare in anticipo una parte della posizione individuale, cioè del capitale accumulato all’interno del fondo.

Mercati e rendimenti
Il fondo investe, secondo regole di prudenza, nei mercati finanziari per generare dei rendimenti. Ciascun lavoratore può decidere di dividere i contributi alla previdenza complementare tra uno o più comparti di investimento che si differenziano per il tipo strumenti finanziari gestiti. I fondi che investono in azioni hanno un rendimento potenziale maggiore, ma comportano anche maggiori rischi. Quelli garantiti, che investono in titoli di Stato e obbligazioni, sono più sicuri, ma hanno un rendimento potenziale più basso. Vi sono poi varie forme di comparti bilanciati che investono in diversa misura sia in azioni che in obbligazioni. In base all’andamento dei mercati finanziari, si possono così produrre rendimenti espressi come una percentuale della posizione individuale degli iscritti e che vanno ad aumentarla.

Adesione

Tutti possono aderire alla previdenza complementare. È possibile farlo secondo quanto previsto dagli accordi collettivi di lavoro che trovano applicazione per un settore, un’azienda o un territorio (adesione collettiva). Tali accordi individuano il fondo pensione di riferimento (negoziale, aperto o preesistente) al quale si può aderire e la misura minima della contribuzione. Se un lavoratore dipendente versa il contributo, può beneficiare anche del contributo del datore di lavoro. Entro 6 mesi dalla prima assunzione, il lavoratore del settore privato deve decidere cosa fare del trattamento di fine rapporto (Tfr). Può destinarlo in via definitiva a una forma pensionistica complementare, aderendovi, oppure, lasciarlo presso l’azienda, non aderendo ad alcuna forma di previdenza complementare. La scelta di aderire alla previdenza complementare è irrevocabile, mentre quella di lasciare il Tfr in azienda può in ogni momento essere modificata. In mancanza di una scelta esplicita da parte del lavoratore in merito al Tfr, opera il meccanismo del silenzio-assenso: il Tfr confluisce automaticamente nel fondo pensione previsto dal contratto collettivo di lavoro o, in presenza di più fondi, in quello a cui è iscritto il maggior numero di dipendenti; in tal caso il lavoratore aderisce “tacitamente” al fondo pensione. Se non è previsto un fondo pensione di riferimento, il Tfr viene versato al fondo residuale individuato dalle norme.

Contributi

Con l’adesione ad un fondo pensionistico si ha la possibilità di scegliere se versare una parte della retribuzione. Contribuire con parte della retribuzione innesca anche il versamento di un’ulteriore percentuale, anch’essa stabilita dalla contrattazione collettiva, di contribuzione a carico del datore di lavoro. Questa non è però dovuta se il lavoratore aderisce ad un fondo pensione diverso da quello di riferimento, cioè se si decide di aderire esclusivamente ad un fondo pensione aperto o ad un Pip (Piano individuale pensionistico). Questi ultimi sono forme di previdenza complementare a cui si può aderire liberamente e rappresentano l’unica opzione per lavoratori autonomi e liberi professionisti, che possono stabilire autonomamente l’importo dei contributi e la periodicità del versamento.

Tassazione

I rendimenti maturati dal fondo pensione sono soggetti all'imposta del 20%, più favorevole rispetto al 26% che si applica alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario. Sulla quota del rendimento che deriva dal possesso di titoli di Stato e titoli similari, la tassazione è fissata al 12,5%. Quanto deriva (rendita o capitale) dai contributi versati a decorrere dal 1° gennaio 2007 è assoggettato ad una ritenuta a titolo d’imposta del 15%. Tale percentuale si riduce in funzione dell’anzianità di partecipazione al sistema della previdenza complementare. Se questa è superiore a quindici anni, l’aliquota diminuisce dello 0,30% per ogni anno di successiva partecipazione, fino al limite massimo di riduzione pari a 6 punti percentuali. Con 35 anni di partecipazione l’aliquota scende quindi al 9%. Tutti i contributi versati, compresi quelli a carico del datore di lavoro, possono essere dedotti ai fini fiscali dal reddito annuo del lavoratore, fino ad un massimo di 5.164,57 euro. Quelli che eccedono questo limite, o che non vengono portati in deduzione, devono essere dichiarati al fondo pensione entro un anno dal versamento, affinché non vengano tassati di nuovo quando verranno erogati. l © RIPRODUZIONE RISERVATA