Il vescovo Morandi: «Condividere i doni è lo spirito della festa»
Ieri taglio il nastro con il sindaco Massari
Reggio Emilia Nonostante la pioggia i reggiani non hanno abbandonato la cerimonia che ogni anno apre le danze della Giarèda. Raccolti sotto al portico di fronte al palazzo della provincia, in Corso Garibaldi, i cittadini hanno atteso le parole del sindaco Marco Massari e dell’Arcivescovo Mons. Giacomo Morandi. Poi li hanno seguiti nella via per il taglio del nastro a cui ha sorriso anche il cielo, con il sole che è timidamente tornato ad illuminare il centro storico.
Dopo i ringraziamenti di rito alle autorità civili, militari e religiose presenti – poi alle associazioni, ai commercianti, gli artigiani –, il primo cittadino ha salutato il ritorno della Giarèda, «la nostra antica sagra perché storico era il tributo di fede e devozione che i reggiani erano soliti rendere alla Madonna della Ghiara sin dalla fine del Cinquecento». «Quella della Ghiara è una lunga storia – ha ricordato Massari, aprendo la sua prima Giarèda – che si intreccia e connota la storia complessiva della nostra comunità capace di generare anche notevoli frutti di arte e di cultura, di appartenenza civica e di relazione fra le persone». Un concetto, quello di comunità, ripreso con fervore anche Mons. Giacomo Morandi. «Sono reduce da un pellegrinaggio della Regione Emilia-Romagna a Lourdes, a cui hanno partecipato anche diversi fedeli reggiani, segnato dall’intenzione comune di chiedere a Maria, in particolare, l’intercessione per il dono della pace che si coniuga con l’impegno di ciascuno di noi ad esserne portatori» ha premesso l’Arcivescovo, sottolineando come «tutti noi abbiamo bisogno, anche nella nostra città, di vivere un’esperienza di condivisione, di costruire relazioni capaci di intessere il dialogo, di costruire insieme il bene comune: la stella polare che dovrebbe illuminare il nostro modo di agire».
«Ecco allora l’auspicio – ha concluso – ovvero che la Giarèda porti con sé non solo la presentazione di doni del nostro territorio ma la capacità di condividere quei doni, di saperli gustare insieme, di vivere un’esperienza di autentica fraternità e di amicizia. Questo è il senso della festa».
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