«Mi rifiuto di dovere vivere con le inferriate alle finestre»
Riflessioni di un imprenditore dopo il furto messo a segno nella sua azienda «Abbiamo bisogno di essere rassicurati e di sentirci parte di una comunità»
i Andrea Gherpelli*
Sulle pagine dei quotidiani locali durante l’estate ogni giorno si è letto di furti avvenuti a realtà commerciali, aziende agricole, abitazioni private nella zona tra Correggio e San Martino in Rio, ma anche a Reggio, Montecchio e Bagnolo. Sui giornali possiamo considerare che solo una piccola parte dei furti avvenuti sia stata pubblicata allora chissà quanti molti altri più furti avvenuti non sono arrivati a noi pubblico. Farmacie, pizzerie, aziende agricole, attività commerciali, cimiteri, auto e abitazioni private le mete che si leggevano sui giornali.
Sinceramente destabilizza scoprire di trovarsi in un luogo che non ti aspettavi essere non sicuro, un luogo dove sempre si è detto essere il luogo giusto per costruire attività, dove i servizi sono al massimo delle funzionalità ed è vero, ma non il servizio della sicurezza, della sorveglianza, della garanzia di protezione e pena. Chi si può sentire protetto in un luogo che ha registrato in brevissimo tempo un numero così elevato di infrazioni?
Durante tutto questo lungo periodo di notti in bianco e tensioni, nervosismi, occhi sbarrati e segno della croce prima di coricarsi e mica per benedizione, ma perché “speriamo che non vengano in casa”, non vi è stata nessuna comunicazione pubblica dalle amministrazioni comunali in merito a questa emergenza che il territorio sta vivendo sul campo, in nessun modo, con comunicati stampa o con post sulle pagine facebook, nessuno.
Si leggono comunicazioni quando vengono degli acquazzoni usando parole come emergenza, allarme giallo, rosso o altro, ed è legittimo difendere l'incolumità, si comunica quando le temperature salgono di qualche grado rispetto al solito usando parole come “allarme”, ed è legittimo difendere la salute, poi accade che la nostra comunità viene messa nel mirino e vive un’emergenza vera come quella delle intrusioni e sottrazioni, quindi ovviamente anche un reale rischio fisico di scontro e violenza, perdita di beni, di serenità, ma non viene dichiarato nessun allarme. Il nostro Comune ad esempio (Correggio, ndr) hanno notato in tanti che non ha rilasciato comunicazioni, nessuna allerta alla comunità. Attenzione però, perché così si rischia di far passare l’idea che questo non sia uno stato d'allarme, che sia uno stato di fatto, una situazione non fuori della norma ma contemplata dalla normalità. Che non serve segnalare. Davvero si rischia sia questo messaggio a passare. Qua fuori nel mondo di tutti giorni, tra le persone comuni, ormai nessuno capisce come mai non veniamo messi al corrente di un’emergenza evidente come questa sul nascere. Molti sono stati letteralmente sorpresi dai furti, ma se avessero saputo che ci si trovavano sotto attacco, avrebbero potuto ad esempio aumentare il livello di sicurezza. Avrebbero messo in atto delle attenzioni e pratiche per aumentare il livello di protezione e di controllo non solo delle proprie abitazioni ma anche della zona dove si abita.
Così ora c’è tra la gente un sentore comune di irrequietezza, di tensione, di rabbia e peggio di tutto di impotenza. Bisogna fare attenzione a lasciare che queste sensazioni si formino nelle persone e bisogna impegnarsi a bloccarle sul nascere con azioni concrete perché poi lo stato di paura diviene sfiducia verso chiunque, tutti contro tutti. Sarebbe terribile.
Servirebbe un incontro pubblico nel corso del quale sia presentato lo stato attuale del problema, un piano di intervento per questa che è ripeto sotto ogni aspetto un’emergenza per le attività e perle persone fisiche. Un incontro alla presenza di una task force per la sicurezza che si auspica si sia già formata. Un incontro per capire le cause che hanno portato a questa situazione, lacune, leggerezze, situazioni critiche.
Ora più che mai serve trasparenza da parte di chi guida le nostre cittadine, abbiamo bisogno di essere rassicurati, di sentirci difesi, sentirci parte ancora una volta di una comunità capace, colpita in maniera eclatante.
Necessita un incontro con la cittadinanza tutta, in una pubblica piazza.
Le domande sarebbero tante da porre, ad esempio le tantissime telecamere montate ad ogni rotonda che ci vedono ogni volta quando andiamo a fare la spesa e a mangiare la pizza, per le quali nessuno di noi peraltro ha firmato alcun consenso, per cosa sono state montate? Non sono anche strumento di difesa? Non danno dati a noi quando serve? I dati li prendono solo? Un’auto rubata a Correggio è stata ritrovata a Montecchio solo perché il tizio che l’aveva rubata l’ha abbandonata durante un colpo che stava mettendo a segno in una pizzeria, ma quell’auto avrà passato decine di telecamere da Correggio a Montecchio, nessuna ha notato la targa di un’auto rubata? Arrivano le contravvenzioni se dimentichi di revisionare l’auto grazie a telecamere che leggono la tua targa e quando è ora di proteggere la comunità non funzionano?
Se dobbiamo farlo allora lo chiediamo, raccogliendo una tensione comune, chiediamo alle forze dell’ordine unitamente con i sindaci di incontrare la popolazione locale per rendere ad ognuno il dovuto in termini di stato delle cose e soluzioni previste per aumentare la sicurezza e la protezione in una zona dove, fa molto male dirlo, ma la sensazione di sicurezza che c’era, ora non c’è più. Attività con sistemi di video sorveglianza, fotocamere, fotocellule, allarmi sonori sono valsi a niente, tutto eluso, foto trappole e clip video inutili.
Fa male trovarsi a constatare questa situazione della comunità dove sono cresciuto, dove ancora investo, comunità che amo e che necessita evidentemente di più cura e più custodia.
Una serie di infrazioni così numerose e ravvicinate fa pensare ad uno studio della zona svolto per lungo tempo prima di entrare in azione con una serie di obiettivi delineati, capannoni e casali abbandonati individuati come depositi temporanei. Tutto questo fa intendere che il nostro territorio sempre genuino e bonario come è non ha gli anticorpi necessari a questo e l’apertura, la goliardia e forse un pizzico di ingenuità possono essere stati evidentemente interpretati come basse difese quindi facile gestione delle ruberie.
Trovo che per non arrivare a perdere queste nostri tratti distintivi e vederli sostituiti con sfiducia verso il prossimo, chiusura, inospitalità o angherie dettate da spossatezza nervosa e perdita di fiducia nella comunità, occorra prendere sul serio quello che il tempo ci dice essere in cambiamento, la visione della nostra incolumità personale e d’impresa.
Ad esempio rifiuto l’idea di dover arrivare a mettere le inferriate ad ogni finestra di casa per poi dovermi sentire in cella io al posto loro e questo per proteggermi da intrusioni dovendo rinunciare io alle mie evasioni, alla meraviglia di tenere libera una finestra che dà magari su una bellissima vista di un campo di grano. No, non voglio dover vivere in una casa carcere per proteggere la mia famiglia. Mi rifiuto di dover guardare il mondo attraverso una grata di ferro, fuori dalla finestra di casa mia la meraviglia del mondo la voglio intera, non voglio il mondo impedito dalle inferriate, non dobbiamo arrivare a doverci mettere in cella da soli per sentirci sicuri. Siamo persone per bene, non per male.
Abbiamo un problema comunitario, un problema di casa nostra, un problema di tutti, derubati e non, un problema della comunità di prossimità e di buon vicinato da gestire insieme: ognuno ci metta responsabilità, intuito e soluzioni, senza casacche di partito, maggioranza o opposizione. Vediamo se almeno davanti a un emergenza come questa si riesce a fare qualcosa insieme tutti. Vediamo.
Qualcosa serve, è fuori discussione.l
*Andrea Gherpelli
imprenditore, agricoltore custode,
attore e padre di famiglia