Altolà alle chat scolastiche: ora interviene il Garante della privacy
I docenti dovranno anche gestire l’altra novità: il divieto dell’utilizzo di smartphone e tablet, come ha deciso il ministro Valditara
Chat di classe, privacy, confronto e, soprattutto scontro, tra genitori e docenti con i primi che spesso difendono i figli a qualunque costo. Con tantissimi problemi annessi, dalle fake news che “girano” e poi si riverberano a scuola alle immagini che vagano da telefonino in telefonino rischiando di provocare seri danni soprattutto agli alunni minorenni. Fino ai rischi, per questi ultimi, di apprendere da un modello psicologico errato, come spiegano gli esperti mettendo in guardia.
I problemi della scuola – che in Emilia Romagna riparte con le lezioni lunedì 16 settembre – non riguardano certamente solo le cattedre mancanti e occupate dai supplenti. Ci sono, appunto, numerose altre problematiche che, se possibile, rendono ancora più complesso la vita scolastica, sottoposto peraltro a continui cambiamenti tra riforme e controriforme su diversi aspetti. Pensiamo all’introduzione delle recenti “Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica” del ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara – documento, in vigore dall’anno scolastico in partenza e contenente 33 ore tra educazione civica ed esercizio di diritti e doveri sul bene comune ( documento “bocciato” il 28 agosto scorso dal Consiglio superiore dell’istruzione del ministero (CSPI) con un parere importante, ma non vincolante). Ma soprattutto al documento “La scuola a prova di privacy” del Garante della privacy italiano che interviene appunto sulle questioni di tutela della riservatezza degli studenti.
Chat di classe
E queste regole arrivano a toccare anche le famigerate “chat di classe”, croce e delizia dei genitori con figli in età scolastica. Il Garante invita a non diffondere in queste chat immagini di minori senza aver prima chiesto il consenso di tutti i genitori, di non pubblicare informazioni personali su salute, condizioni economiche e familiari del minore. Insomma nelle chat solo informazioni utili o volte a socializzare. Chat che, giocoforza, si è costretti spesso a frequentare e “subire”: decine e decine di messaggi di ogni tipo, anche sfilze di semplici “ok” sulle decisioni comuni, svariati audio da ascoltare ogni giorno, qualunque iniziativa anche non scolastica che un singolo genitore intraprende nella prima vita. Ma soprattutto su tali chat – composte spesso da 40-50 aderenti visto che alcune classi arrivano fino a 27 alunni e a volte i genitori ci sono entrambi – sempre più passano delicate questioni legate alla privacy che spesso si riverberano sulle scuole stesse, aprendo contenziosi pressoché quotidiani tra famiglie, docenti e studenti.
«Le chat – spiega Anna Fogarolo, esperta di educazione digitale e autrice di vari libri per l’editore Erickson – sono viste sia per la loro utilità sia come strumento del diavolo perché se da un lato contribuiscono a risolvere problemi quotidiani dall’altro sono molto invasive per la privacy. Un’arma a doppio taglio dunque. Pensiamo solo che lì possono girare teoricamente foto di minori che poi non si sa dove vadano a finire, magari in rete oppure ci finiscono dati sensibili relativi alla impossibilità di pagare una retta o un servizio mensa da parte di qualche famiglia. La chat perfetta sarebbe quella unicamente informativa, ma lo vedo nelle chat dove sono presente per i miei due figli: non è per nulla scontato e qualcuno rischia la diffamazione perché spesso lì rispondiamo “di pancia”».
Docenti in trincea
A turbare l’avvio del nuovo anno non ci sono solo le risse tra ragazzi, anche in ambito scolastico, ma anche un’aggressività diffusa dei genitori contro i prof. Episodi in tal senso si sono moltiplicati nei mesi scorsi. Un po’ come, sempre più, avviene nei Pronto soccorso contro medici e infermieri. «Sono temi importanti – spiega Claudio Riso, segretario provinciale di Cgil scuola di Modena – anche se non si tratta di questioni relative alla gestione ordinaria, al salario dei prof, alla organizzazione del lavoro scolastico. Ricordo comunque che quasi mai i docenti sono all’interno delle chat dei genitori, uno strumento privato delle famiglie tanto che per fortuna, almeno a Modena, risse dirette tra docenti e genitori non ne ricordo anche se leggiamo quasi quotidianamente di questi episodi in Italia. Va detto che ogni lite va condannata e anche che queste chat, oppure i social, non debbono condizionare gli insegnanti che hanno libertà di insegnamento secondo la Costituzione. Ricordo anche che compie cinquant’anni l’istituzione degli organi collegiali: la democrazia partecipata dentro le scuole si sviluppa tra le diverse parti ormai da molto tempo». Sul tema del rapporto tra genitori e docenti i pedagogisti invocano un deciso cambio di passo dei primi relativamente alla difesa dei figli, perché c’è il rischio concreto di trasformali in deboli “principini” cui tutto è dovuto.
Ma i docenti sono sempre più in difficoltà: «È un tema complicato e serve buonsenso – spiega Luigi Vaccari, dirigente scolastico delle scuole Levi di Vignola (Modena) – ma per fortuna i prof almeno non sono nelle chat. Sono problematiche che affrontiamo e i docenti utilizzano le dovute accortezze su questi temi. Per quanto riguarda la privacy invece noi chiediamo sempre di firmare una informativa alle famiglie della scuola. C’è il registro elettronico, ma i voti li vede solo il singolo e la famiglia, tutti vedono solo l’ammissione, la non ammissione, gli eventuali debiti scolastici». E quest’anno i docenti dovranno anche gestire l’altra novità: il divieto dell’utilizzo di smartphone e tablet, come ha deciso il ministro Valditara per quanto riguarda gli studenti dele scuole elementari e delle medie. l © RIPRODUZIONE RISERVATA