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In Emilia gli stipendi più alti d’Italia: nella top 5 Modena, Reggio Emilia, Parma e Bologna

Giovanni Medici
In Emilia gli stipendi più alti d’Italia: nella top 5 Modena, Reggio Emilia, Parma e Bologna

Ma la differenza di stipendio tra dirigenti ed operai è poi di oltre sei volte in Emilia Romagna

12 settembre 2024
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L’Emilia-Romagna è una delle regioni nelle quali le retribuzioni medie lorde pagate ai lavoratori dipendenti del settore privato sono più alte. Lo conferma una recente indagine della CGIA di Mestre su dati Inps e Istat relativa al 2022, e dalla quale emerge che se Milano è la provincia dove gli stipendi sono più elevati, 32.472 euro, Parma è seconda con 26.861 euro, Modena terza con 26.764 euro, Bologna quarta con 26.610 euro e Reggio Emilia quinta con 26.100 euro.

Una presenza ai vertici della classifica nazionale decisamente di peso, rispetto al resto dell’Italia. Ravenna è molto più indietro, a 22.078 euro, ma l’ultima è Ferrara, 46esima a livello nazionale, con poco più di 21 mila euro. L’Emilia-Romagna è poi terza tra le regioni italiane dietro Lombardia e Trentino Alto Adige, con 24.593 euro all’anno. Da Piacenza a Rimini si lavora poi per quasi 250 giorni l’anno, con una retribuzione media di 98.56 euro. Siamo sopra anche in questo caso alla media nazionale (244.4 giorni e 93.6 euro rispettivamente). Reggio Emilia, Modena e Bologna sono rispettivamente a 258, 257 e 256 giorni lavorati all’anno in una graduatoria guidata da Lecco (264) e chiusa da Vibo Valentia (191). Secondo l’elaborazione dell’Ufficio studi CGIA su dati INPS, nel 2022 il numero medio delle giornate retribuite al Nord è stato pari a 253 e al Sud, invece, a 225. Pertanto, nel settentrione un ipotetico operaio ha lavorato 28 giorni in più che corrispondono a oltre 5 settimane lavorative ‘aggiuntive’ rispetto a un collega meridionale. I più produttivi Nella classifica della produttività infine secondo lo studio di CGIA Mestre siamo quarti: per valore aggiunto in euro per ora lavorata (dati 2021) facciamo segnare infatti 41,5 euro, il 20% in più del 2011. Partendo da questi dati Unioncamere Emilia-Romagna ci ha anticipato i primi risultati di uno studio che consentono di dare uno sguardo più approfondito alla situazione delle retribuzioni in regione. Si può scoprire così che il differenziale tra le retribuzioni di uomini e donne è di oltre trenta euro, 81 a 112, il 38%. La media nazionale è del 35% e dunque tra Piacenza e Rimini, sembra strano affermarlo, la discriminazione di genere dal punto di vista degli stipendi è più alta che in Italia: Sicilia e Campania fanno meglio. Il gender gap Modena, Reggio Emilia e Ravenna sono oltre il 40% di gender gap.

La differenza di stipendio tra dirigenti ed operai è poi di oltre sei volte nella nostra regione, 6,44 per la precisione: qui Rimini arriva a 7,51 volte ma oltre la media regionale vanno anche Forlì-Cesena, Parma e Ferrara. mentre il differenziale retributivo tra giovani under 29 e lavoratori over 50 è di 1.56. In questo caso sono Parma e Bologna ad andare oltre alla media regionale. Se si guarda invece ai singoli settori di attività l’industria in Emilia-Romagna ‘paga’ 118 euro l’ora e i servizi alla persona e il commercio attorno agli 80. Gli operai pagati meglio? Secondo lo studio di Unioncamere sono a Reggio Emilia, a Modena e a Parma, 86, 85 e 84 euro al giorno rispettivamente, mentre i loro colleghi di Rimini ne guadagnano solo 72. «In tutte queste realtà emiliane, la forte concentrazione di settori ad alta produttività e a elevato valore aggiunto - come la produzione di auto di lusso, la meccanica, l’automotive, la meccatronica, il biomedicale e l’agroalimentare – ha “garantito” alle maestranze – dice la CGIA - buste paga molto pesanti». Divario con il Sud I lavoratori dipendenti più “poveri si trovano a Vibo Valentia, che in un anno di lavoro hanno portato a casa solo 12.923 euro. La media italiana è di 22.839 euro. Dal confronto tra le retribuzioni, le differenze tra Nord e Sud sono molto evidenti. Se gli occupati nelle regioni settentrionali percepiscono una retribuzione media giornaliera lorda di 101 euro, i colleghi meridionali ne guadagnano 75: insomma, i primi portano a casa uno stipendio giornaliero del 35 per cento più “pesante” dei secondi. Questo, secondo CGIA, perché nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie – che tendenzialmente riconoscono ai propri dipendenti stipendi molto più elevati della media - sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord. Le tipologie di queste aziende dispongono anche di una quota di personale con qualifiche professionali sul totale molto elevata (manager, dirigenti, quadri, tecnici, ecc…), con livelli di istruzione alti a cui va corrisposto uno stipendio importante. Un’altra spiegazione sul perché al Sud si lavora meno è poi la presenza di un’economia sommersa più diffusa che nel resto del paese che, statisticamente, non consente di conteggiare le ore lavorate irregolarmente, il mercato del lavoro è caratterizzato anche da tanti precari, molti lavoratori intermittenti, soprattutto nei servizi, e tantissimi stagionali legati al mondo del turismo che abbassano enormemente la media.l © RIPRODUZIONE RISERVATA