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Il caso a Novellara

«Mio figlio meno bravo a calcio, la società lo ha lasciato a casa insieme ad altri»

Jacopo Della Porta
«Mio figlio meno bravo a calcio, la società lo ha lasciato a casa insieme ad altri»

Il racconto di una mamma: «Iscritto, poi la brutta sorpresa». La società: «Forse c’è stato un errore di comunicazione»

17 settembre 2024
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Novellara «Dopo due settimane di allenamenti, sono stata chiamata e mi hanno detto che c’erano troppi bambini iscritti e, dunque, dieci, quelli meno bravi, dovevano essere lasciati a casa. Mio figlio di 13 anni ci è rimasto malissimo». Il messaggio postato da una mamma sulla pagina Facebook “Sei di Novellara se” ha generato moltissime reazioni e ha sollevato un tema molto sentito: a quale età è giusto iniziare a fare selezione nelle società sportive? La donna racconta di aver iscritto il figlio, acquistato scarpe e divisa nuove, come avvenuto anche negli anni passati, salvo poi ricevere un invito a un incontro da parte della società, la CampNove, che unisce i settori giovanili di Campagnola e Novellara. Alla riunione le hanno spiegato che c’erano troppi bambini, 36, e pertanto era necessario sfoltire un po’ la rosa. «E non preoccuparti, quello che hai speso te lo rimborsiamo...». La madre si dice delusa, perché il figlio frequentava la società da anni. Ma, soprattutto, a restarci male è stato il ragazzino. Era entusiasta di ricominciare: si è allenato due settimane e ha anche partecipato a una “pizzata” per conoscere i compagni di squadra. «Poi non sei bravo, siamo in troppi. Ciao...».

Il messaggio ha generato tantissimi commenti, anche da parte di esponenti dell’opposizione in consiglio comunale. Quasi tutti hanno espresso solidarietà alla madre: «I bambini devono poter giocare, non competere l'uno contro l'altro. Escludere un bambino non è mai educativo», ha scritto una donna. Non sono mancati, però, coloro che hanno fatto notare che, a una certa età, la selezione nello sport diventa inevitabile. La società sportiva ha spiegato alla Gazzetta di Reggio quanto accaduto. «Ammetto che forse c’è stato un errore di comunicazione, che non sarà ripetuto in futuro. Era necessario specificare fin da subito che questa selezione sarebbe potuta accadere», dice il dirigente Primo Righi. «Purtroppo, non sono scelte che prendiamo a cuor leggero. Ci siamo trovati con 36 bambini e l’allenatore non era nelle condizioni di seguirli tutti. Non abbiamo campi e allenatori sufficienti per poterlo fare. Di qui l’obbligo di lasciarne a casa alcuni». La società ha deciso di convocare una riunione in presenza per spiegare alle dieci famiglie coinvolte le ragioni della scelta. «Hanno capito, anche se non tutti hanno condiviso. Ci siamo anche resi disponibili ad aiutare alcuni ragazzi a trovare spazio in altre squadre». Per quanto riguarda il tema della selezione, il dirigente ha aggiunto: «Stiamo parlando di bambini che non fanno più parte della scuola calcio, ma che iniziano a entrare nel mondo agonistico. Alcuni di loro potrebbero avere più soddisfazioni in altri sport. Se fosse stato possibile, avremmo allestito due squadre, ma non avevamo un numero sufficiente di ragazzi per farlo. Va anche detto che, per le società di calcio, la scelta non è facile, perché spesso sono anche alcuni genitori, quelli dei bambini più bravi, a lamentarsi se la selezione non viene fatta». Chi conosce il mondo del calcio giovanile di oggi sa che, in altre società, questo processo avviene anche prima, quando i bambini hanno dieci anni. Ed è vero che spesso i primi a chiedere di escludere alcuni giocatori sono proprio i genitori. l © RIPRODUZIONE RISERVATA