Va in coma 23 giorni dopo il parto e muore: indagato un medico dell’ospedale
L’influencer Okpanem “Sharon” Enorese, 36 anni, era andata al pronto soccorso con un mal di testa e poi era stata dimessa
Reggio Emilia Aveva dato alla luce soltanto pochi giorni prima la sua secondogenita e stava accudendo con amore lei e la sua bimba più grande che non ha ancora tre anni quando ha accusato un fortissimo mal di testa. Si è rivolta al Pronto soccorso di Reggio Emilia dal quale poi è stata dimessa. L’indomani si è sentita nuovamente male e la situazione è precipitata, trasformandosi in tragedia. Poche ore dopo è finita in coma e ha perso la vita, lasciando due bimbe piccole, di cui una nata da poche settimane e il resto della famiglia nel dolore più profondo. In seguito alla denuncia della famiglia è scaturita un’indagine e un medico del Santa Maria Nuova risulta indagato per omicidio colposo.
La famiglia di Okpanem “Sharon” Enorese chiede che venga fatta chiarezza su quanto accaduto alla ragazza. Sharon aveva 36 anni e aveva partorito il 31 luglio al Santa Maria Nuova: faceva spesso la spola con la Nigeria, suo Paese d’origine, dov’è un’apprezzata attrice e influencer dal grande seguito di follower, piombati a loro volta nello strazio quando hanno appreso la terribile notizia. Okpanem era perfettamente integrata a Reggio Emilia, città che aveva scelto come suo nido, acquistando casa. Città dove la donna viveva con le sue due bambine, intenzionata a farle crescere qui, e la mamma, arrivata qui per darle una mano. Ed è la stessa mamma, ora, a presentare denuncia per chiedere, senza spirito di vendetta o di rivalsa, che sia fatta chiarezza, rappresentata dall’avvocato Pina Di Credico.
Dalla denuncia sono scaturite le indagini della questura, con il coordinamento della Procura: nei primi momenti il pubblico ministero che ha curato il fascicolo è stata la dottoressa Denise Panoutsopoulos, successivamente è passato nelle mani del dottor Dario Chiari. «Il dolore che la famiglia sta affrontando con grande dignità è immenso – spiega il legale –. Ci tengo a sottolineare che la madre, e più in generale la famiglia, non sono animate da spirito di vendetta o accanimento: vogliamo soltanto capire se ciò che è accaduto a Sharon possa ritenersi un fatto assolutamente imprevedibile e non arginabile con alcun tipo di intervento sanitario ovvero se vi fossero, già in occasione del primo accesso in pronto soccorso in ambulanza del 12 agosto, gli elementi per indurre il personale medico ad effettuare degli approfondimenti diagnostici che avrebbero potuto salvarle la vita e che non ci risultano siano stati espletati».
Riavvolgiamo il nastro per capire quanto più possibile nei dettagli quanto accaduto negli ultimi giorni di vita di Sharon. Il 12 agosto la 36enne si sente male: accusa un forte mal di testa e si presenta al Pronto Soccorso del Santa Maria Nuova. Sharon viene dimessa e ritorna a casa. Il 14 agosto, si sveglia per allattare la bambina e, successivamente, verso mezzogiorno, confida alla madre di avvertire nuovamente un grande dolore alla testa. Prima di chiamare l’ambulanza Sharon chiede di allattare la piccola, secondo il racconto riferito dalla madre della 36enne. L’ambulanza è arrivata alle 12.48, ha caricato Sharon e la madre l’ha vista in quegli istanti per l’ultima volta. Alle 15.30 la donna riceve una chiamata dal Pronto soccorso: le hanno comunicato che la figlia era grave, che si trovava in coma e che avrebbero dovuto procedere con l’operazione al cervello. Secondo i primi approfondimenti, risulta che un testimone abbia visto la 36enne svenuta, in bagno. Il 23 agosto viene dichiarata la morte cerebrale a causa di “un’emorragia subaracnoidea” improvvisa. L’avvocato Di Credico, allertata dalla madre della 36enne, si è messa immediatamente in moto, contattando la questura, «che ha manifestato enorme prontezza d’azione – aggiunge il legale –. La Procura ha disposto subito il sequestro delle cartelle cliniche e della salma». L’avvocato ha chiesto esplicitamente che fosse disposto l’immediato sequestro dei documenti sanitari sia per quanto riguarda il ricovero per mal di testa, sia per il parto, per completare le indagini a tutto campo ed escludere qualsiasi tipo di responsabilità. La Procura ha conferito incarico a un medico legale per l’autopsia e si resta in attesa dei risultati della perizia che sarà depositata nel termine di 60 giorni. La salma è stata liberata e in settimana si terrà il funerale prima del rimpatrio. E ora la famiglia vuole accertare la verità. L’Ausl, interpellata, non rilascia dichiarazioni. l © RIPRODUZIONE RISERVATA