«L’assassino di mio padre mi segue Dall’Egitto a Reggio per vendetta, aiutatemi»
Un egiziano 29enne svela la faida familiare all’origine della rissa di via Roma in agosto
Reggio Emilia «L’assassino di mio padre, fuggito dall’Egitto quattro anni fa dopo essere stato condannato a 25 anni di carcere, è venuto a cercarmi a Reggio Emilia dove perseguita me e la mia famiglia da oltre un anno, tra aggressioni e agguati. Ho paura: fermatelo».
Ibrahim Mohamed Nasr, 29enne, egiziano residente in una frazione cittadina che lavora come muratore a Modena, svela l’incredibile retroscena della rissa tra egiziani avvenuta l’8 agosto scorso in via Roma: una faida familiare.
Quella notte due gruppi di connazionali si sono affrontati seminando il panico in via Roma. Nello scontro sono spuntati dei coltelli: quando sul posto è arrivata la polizia, a rimanere sull’asfalto – le tracce di sangue erano ben visibili – è stato trovato un ferito con un taglio di 13 centimetri, poi portato all’ospedale. Proprio al pronto soccorso, dove sono arrivati in autonomia gli antagonisti, i due gruppi si sono ritrovati e di nuovo scontrati, con una “coda” preoccupante: un’infermiera che cercava di riportare la calma, finita in mezzo a spintoni, schiaffoni e lanci di cellulari, ha rimediato contusioni.
Secondo Nasr questa brutta storia nasce nel piccolo paese d’origine, per diverbi legati a un’invasione di terreno, tra due nuclei vicini di casa. «Nel 2020 mio padre, mentre stava salendo in auto con suo fratello, è stato aggredito dai confinanti: entrambi sono stati accoltellati più volte, mio padre è morto mentre mio zio si è salvato per miracolo». Le forze dell’ordine hanno identificato tre degli aggressori: un 20enne (oggi 24enne, noto con un alias) e altri due, tutti condannati dalla Corte d’Appello di Alessandria d’Egitto (Nasr mostra la sentenza) a 25 anni.
Ma mentre i complici sono finiti dietro le sbarre, il terzo è riuscito a scappare e a espatriare su un barcone partito dalla Libia. Nasr mostra il video del viaggio per mare girato dal 24enne e le sue foto spavalde sui social, tra katane e bare.
«Il giorno prima della rissa di via Roma mi ha chiamato mio fratello di 18 anni: era in via Emilia su un monopattino, quando il persecutore gli ha sbarrato la strada («ho ucciso tuo padre»), altri lo hanno accerchiato e accoltellato alla schiena. Una ferita profonda. La polizia ha il filmato delle telecamere e le testimonianze dei negozianti, che hanno confermato come fossero cinque contro uno». Il giorno seguente, prosegue Nasr, «terminato il turno di lavoro sono andato in via Roma a prendere mio fratello: io, lui, un cugino e un amico ci stavamo salutando accanto ai distributori automatici di caffè quando qualcuno mi ha afferrato alle spalle e mi ha puntato una lama alla schiena. Era sempre lui. Ne sono uscito incolume perché mio cugino mi ha fatto da scuso con lo zaino». La rissa è poi riesplosa in ospedale. «Mi dispiace per l’infermiera, non doveva accadere», dichiara Nasr, che mostra le svariate denunce – per altrettante aggressioni all’apparenza immotivate – sporte contro il giovane sia ai carabinieri sia alla polizia.
«Non può essere un caso la presenza di quest’uomo a Reggio: è venuto qui per vendicarsi e per rovinare la vita a me a ai miei familiari. Non a caso più volte ci ha rinfacciato di averlo denunciato – prosegue il 29enne –. Cosa c’entriamo noi con quello che è successo in Egitto? Non siamo una famiglia criminale, lavoriamo tutti, io voglio crescere e mettermi in proprio. Voglio solo vivere tranquillo; e invece sono più in ansia che in patria, dove nella casa della mia anziana madre ho perfino messo le telecamere. Ho paura: ogni volta che esco mi sento in pericolo perché potrei incontrarlo. Questa faida rischia di rovinare i miei progetti: anche perché queste persone non hanno nulla da perdere, al contrario di me».
Nonostante abbia intrapreso le vie legali, rivolgendosi a un avvocato che ha trasmesso gli atti all’Interpol, Nasr non riesce a risolvere la situazione: il 24enne è tuttora a piede libero. Alla domanda cosa desidera per il futuro, Nasr risponde senza esitare: «Vorrei aiuto. Vorrei la quotidianità normale di prima. Vorrei che quell’uomo fosse espulso o complito da una misura cautelare che gli impedisca di nuocere».