Violentata dal suo vicino di casa: «Ho aperto la porta e mi ha trascinata sul divano»
A processo con l’accusa di violenza sessuale un 44enne. La sofferta testimonianza in aula della donna: «Mi vergognavo come se fosse stata colpa mia»
Reggio Emilia «Ho aperto la porta pensando fosse mio figlio: invece era il vicino di casa, che mi ha bloccato sul divano, mi ha palpato, baciato e infilato una mano nell’accappatoio». È stato un racconto agghiacciante, quello reso ieri in tribunale da una donna di 46 anni che accusa di violenza sessuale aggravata (dalle lesioni personali, un morso al labbro guaribile in cinque giorni) il vicino di 44 anni, che abitava nel piano sottostante con moglie e figli.
Mercoledì si è aperto il processo a carico dell’uomo, che nega con forza l’addebito. La donna, parte civile tramite l’avvocata Elena Giovanardi di Modena, ha spiegato di aver conosciuto l’uomo nel 2019, quando si trasferì nello stesso palazzo in cui abitava lui. «Mi chiese se avessi bisogno di aiuto e gli risposi di no. Poi lo aiutai a sbrigare delle pratiche. Infine, visto che ho un’azienda metalmeccanica, mi raccomandò un giovane che lavorava con lui: andai in un cantiere di Modena per conoscerlo (c’era anche il 44enne) e lo assunsi, anche se in seguito il rapporto di lavoro terminò». Fatto sta che da quel momento, secondo l’imprenditrice, il vicino che aveva il suo numero di cellulare si è fatto sempre più pressante.
«Mandava di continuo messaggi chiedendo di vederci, di uscire la sera, di parlare. Io rispondevo sempre di no. Trovavo strano quel comportamento: era una confidenza fuori luogo, che non c’era. Tanto che mi sono confidata con mia sorella e ho scritto esplicitamente: “hai frainteso, smettila di scrivere”. Lui ha risposto in modo beffardo: “Sei antipatica”». Fino ad arrivare alla sera incriminata del 3 febbraio 2022. «Ero sola in casa all’ora di cena. Il vicino ha chiesto via messaggio se poteva salire, doveva parlarmi: gli ho detto di no, stavo andando a letto. Mio figlio, che era fuori, aveva avvisato che sarebbe rincasato a breve. Mi sono messa comoda in accappatoio davanti al computer».
Quando hanno suonato alla porta la donna è andata ad aprire: era il vicino. «È entrato e ha chiuso la porta, dicendo che era innamorato, che non faceva altro che pensare a me, che voleva passare la notte insieme. Mentre lui veniva avanti io, colta di sorpresa, arretravo. Mi ha stretto forte e, tenendomi per le braccia, mi ha trascinato sul divano, aprendo in parte l’accappatoio», palpandole seno e parti intime cercando di baciarla. «A un certo punto ho urlato, lui si è bloccato e sono riuscita ad allontanarmi. Ho aperto la porta: “Sei impazzito? Vattene”».
La donna ha poi contattato il figlio («non gli ho detto cos’è successo») e il compagno, arrivato da Milano. «A notte fonda il mio compagno ha bussato alla porta del vicino per chiedere conto di quanto accaduto: lui non ha aperto e ha chiamato la polizia, raccontando tutt’altra storia». L’avvocato Giovanardi ha depositato il referto medico e la chat, confluita agli atti. «Risultano messaggi cancellati solo da lui». L’avvocato difensore Giacomo Fornaciari ha tentato di mettere in difficoltà la donna, che ha confermato come nei messaggi «non ci fosse nulla di esplicitamente sessuale». L’imputato nega con forza gli addebiti e sostiene che voleva parlare con la donna, che lo evitava, a proposito del periodo di prova del dipendente in ansia. «Per un po’ mi sono trasferita a Milano. Tornata a Reggio temevo di incontrarlo, mi nascondevo se vedevo la sua auto. Il paradosso è che mi vergognavo come se fosse stata colpa mia». l © RIPRODUZIONE RISERVATA