L’ideatore della Casa del Tibet: «Torno in Ladakh 40 anni dopo»
Il viaggio del dentista Stefano Dallari, che ha realizzato il borgo a tema di Votigno. «Ero venuto per la tesi di specialità. Nello Zanskar realizzate due cliniche»
Canossa Dopo quarant’anni il dottor Stefano Dallari – ideatore e creatore della Casa del Tibet di Votigno luogo suggestivo e magico sulle colline reggiani, nelle scorse settimane è tornato nel Ladakh, la regione himalayana a Nord dell’India, nei luoghi della sua ricerca dentistica. Era il luglio del 1982, quando partì per il Ladakh, un “piccolo” Tibet intatto, abitato da una popolazione di religione buddista: un mondo affascinante a più di quattromila metri di altitudine, pieno di saggezza e di sorrisi.
All’epoca Dallari non andò in Ladakh, appena aperto agli stranieri, come turista, ma per una ricerca scientifica davvero originale e inedita. Proponeva infatti all’Università di Modena la sua tesi di specialità in odontoiatria: “I monaci tibetani hanno i denti cariati?”, dal momento che non usano dentifricio o spazzolino. I professori Benito Vernole e Damaso Caprioglio, alla guida della Clinica di Odontoiatria, accettarono l’insolita proposta con entusiasmo. «Dallari, vai pure in India: te la pubblicheremo la tua bella tesi. Buona fortuna!», gli dissero. Dallari partì nel luglio 1982 con un collega di Modena, il dottor Ugo Ferrari, e a un amico, Fausto Iotti, di Bagnolo in Piano.
Al termine dell’ultimo viaggio nel Ladakh, Dallari è rientrato a Reggio Emilia, dove ha il suo studio dentistico, e a Votigno, dove si trova la Casa del Tibet.
Qual è il significato del suo ritorno nel Ladakh?
«L’India di 40 anni fa era un continente con una civiltà e una cultura per noi occidentali sconosciuta e inesplorata, specialmente nelle zone himalayane fino ad allora chiuse al turismo, quindi isolate. Ed era proprio lì che siamo arrivati, per incontrare il popolo e i monaci buddisti della mia tesi. La ricerca, realizzata nel monastero di Hemis, il più grande della zona, dimostrava che i monaci che si alimentavano da sempre solo con la farina d’orzo con il tè salato e il burro di yak, il bisonte locale, avevano denti sani, anche senza usare spazzolino o dentifricio, mentre i bambini ladaki, attirati da cibi colmi di zuccheri, avevano la bocca distrutta. La tesi si concludeva così con una affermazione perentoria: “Lo zucchero è il veleno dei denti”. Ma, al di là del successo della ricerca, in seguito pubblicata, era la civiltà ladaka-tibetana che mi aveva conquistato: un fascino che negli anni ho studiato e approfondito, visitando il Tibet stesso nel 1987 e incontrando per la prima volta il Dalai Lama nel 1989. Questo “innamoramento spirituale” si è poi concretizzato nel 1990, quando nel borgo medioevale di Votigno di Canossa, sulle colline reggiane, ho creato la Casa del Tibet, prima in Europa, un centro culturale nato per far conoscere e proteggere la millenaria cultura tibetana a rischio di scomparsa nel Tibet, dopo l’invasione cinese degli anni 60».
Il Dalai Lama ha apprezzato l’idea di creare una Casa del Tibet in Italia?”
«Moltissimo, tanto che nell’ottobre del 1999 è arrivato a Votigno e ha inaugurato, alla Casa del Tibet, il Museo del Tibet. Una giornata indimenticabile, esattamente 25 anni fa».
Ora ha voluto ritornare negli stessi luoghi della sua prima ricerca del 1982.
«Sì, ma non solo. Con questo ultimo viaggio ho visitato tutti i luoghi di cultura tibetana in India che negli anni ho frequentato, soprattutto come dentista, perché ho sempre cercato di dare un po’ della mia pratica medica e dentistica a chi ne aveva bisogno. In questo viaggio ho visitato di nuovo la Birla House di Delhi dove Gandhi è stato assassinato nel 1948, poi sono salito a Dharamsala, ho visitato le scuole del TCV e ammirato il nuovo Museum of Tibet, che gemelleremo con il nostro Museo del Tibet. Poi, sempre più su, a Srinagar in Kashmir e a Pahalgam, da dove parte il pellegrinaggio alla grotta di Shiva, che ho fatto due volte con successo, e finalmente Leh, la capitale del Ladakh, per unirmi ai ciclisti in arrivo dall’Italia. Per realizzare questo ritorno alle origini mi sono infatti aggregato alla spedizione ciclistica dei “Bikers for Peace”, guidata dal carpigiano Stefano Merzi, che ha conquistato, pedalando, il passo più alto del Ladakh: l’Umling La, a 5.800 metri di altitudine. Io li ho seguiti in macchina come medico e, grazie a loro, condividendo esperienze non solo sportive, ma anche umanitarie e culturali, sono tornato nello Zanskar, all’ospedale di Padum e al monastero di Rangdum, due località dell’estremo Ladakh dove, con il dottor Guido Corradi, un collega di Novellara, ho creato, nel 2012, due studi dentistici dove allora mancava tutto, finanziati dal Lions Club Canossa Val d’Enza e dalla Fondazione Andi-Onlus. Luoghi affascinanti per i paesaggi magici, i laghi, le vette, i monasteri, i sorrisi della gente, la loro infinita gentilezza».
E con strade spesso “impossibili”.
«Sì, l’India ha realizzato grandi opere di viabilità, ma i monsoni sono cascate improvvise d’acqua che spazzano via ponti e strade. Spesso mi sono dovuto fermare, con il gruppo dei ciclisti, per aspettare l’intervento delle ruspe che riaprivano il passaggio. Occorre anche dire che in Ladakh il dissesto ecologico ha provocato in pochi anni un drammatico scioglimento dei ghiacciai e, come dicevo, piogge devastanti. Poi sulla strada occorre sempre dare la precedenza agli interminabili convogli militari. In Ladakh ci sono più militari (300.000) che abitanti (230.000), e questo per fronteggiare gli “invisibili” militari cinesi che hanno occupato il Tibet. Contrasto grande, se pensiamo che il Ladakh è un paese di pace, dove buddisti e musulmani convivono in armonia da duecento anni.
Come vanno i due studi dentistici creati nello Zanskar dodici anni fa?
«Tutto bene. Le due cliniche dentistiche che ho realizzato con il dottor Corradi sono oggi funzionanti e gestite da giovani dentisti indiani, spesso ladaki, motivati e preparati».
Ha altri progetti per il Ladakh?
«Il prossimo anno il Dalai Lama compirà 90 anni e ci saranno grandi festeggiamenti, soprattutto a Dharamsala, dove vive in esilio, con migliaia di rifugiati e il Governo tibetano eletto democraticamente. Penso che andrò».
Andrà con i Nomadi e con Andrea Griminelli, che ha portato anni fa dal Dalai Lama?
«Sarebbe davvero bellissimo. Vedremo».
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