Gazzetta di Reggio

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Il processo

Omicidio del calciatore Denis Bergamini: condannata a 16 anni l’ex fidanzata

Alessandra Mura
Omicidio del calciatore Denis Bergamini: condannata a 16 anni l’ex fidanzata

Dopo 35 anni la sentenza per la morte dell’atleta ferrarese avvenuta a Cosenza

02 ottobre 2024
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Ferrara Sedici anni di reclusione per concorso in omicidio volontario. La sentenza del processo Bergamini è arrivata dopo otto ore di camera di consiglio e dopo 35 anni di battaglie per la verità sulla morte del calciatore di Argenta, Denis, trovato senza vita sulla statale Jonica la sera del 18 novembre 1989. La Corte di Assise di Cosenza ha ritenuto l’ex fidanzata, Isabella Internò, responsabile della morte del 27enne di Boccaleone di Argenta, condannandola a una pena di sedici anni. Un risultato atteso dal 1989 dalla famiglia dell’ex centrocampista del Cosenza calcio, che per tutti questi anni si è battuta per tenere acceso il faro sul caso, opponendosi alla tesi iniziale del suicidio. La Procura di Castrovillari, al termine della requisitoria del procuratore capo Alessandro D’Alessio e del pubblico ministero Luca Primicerio, aveva chiesto la condanna della Internò a 23 anni di carcere e il riconoscimento delle aggravanti della premeditazione e dei futili motivi.

L’accusa non aveva chiesto l’ergastolo ritenendo che in questi anni l’imputata fosse cambiata e non fosse più la stessa persona dell’epoca dei fatti. I giudici della Corte d'Assise di Cosenza hanno ridimensionato la richiesta dell'accusa concedendo le attenuanti prevalenti sulle aggravanti ed escludendo in particolare quelle della crudeltà e dell'uso di sostanze venefiche. La Corte ha poi condannato Internò all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e dei diritti civili per la durata della pena. L’imputata dovrà risarcire i danni, da quantificare in separata sede.

Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni. Isabella Internò ha assistito alla lettura del dispositivo vicino ai suoi legali. Prima della sentenza aveva dichiarato: «Voglio solo dire che sono innocente e non ho commesso niente. Lo giuro davanti a Dio. Dio è l'unico testimone che non posso avere al mio fianco». La procura l’ha invece ritenuta responsabile della morte dell’ex fidanzato, che non mise fine volontariamente alla sua vita, ma fu ucciso. Omicidio in concorso con ignoti, recitava il capo di imputazione per cui Internò venne rinviata a giudizio, dove gli “ignoti” rappresentano una zona rimasta ancora buia in una vicenda scandita da reticenze, silenzi e bugie e su cui ora procura aprirà un altro fronte: è stata decisa la trasmissione degli atti alla procura per falsa testimonianza per Assunta Trezzi, Concetta Tenuta, Dino Pippo Internò, Roberto Internò, Michelina Mazzuca, Luigi D’Ambrosio e Raffaele Pisano per falsa testimonianza, ma soprattutto sono stati rinviati alla procura gli atti per indagare su Roberto Internò, uno dei cugini di Isabella, come possibile coautore del delitto. In aula, accanto ai suoi avvocati che l’hanno assistita in questa lunga, difficile e dolorosa battaglia (Fabio Anselmo, Alessandra Pisa e Silvia Galeone) c’era Donata Bergamini, la sorella di Denis che in questi 35 anni non si è arresa un istante e non ha mai voluto abbandonare il fratello a una narrazione che ne mortificava la dignità.

La tensione, insopportabile, si è sciolta in un pianto liberatorio al momento del pronunciamento della sentenza. “Denis puoi volare”, ha scritto subito dopo su Facebook, come a voler restituire all’amato fratello la pace e la giustizia che aspettava da tempo. «Finalmente la Corte ci ha dato ragione - ha detto poi – Quando ho capito che la giustizia arrivava, la mia testa è andata a mio fratello, a mio padre e a mia madre che è ancora in vita ma che probabilmente non riuscirà a capire per la sua malattia. Ho pensato subito ai miei figli che hanno finalmente smesso di portarsi dietro questa macchia. Gli ho sempre detto che nella giustizia bisogna avere fiducia che prima o poi la giustizia arriva. Ho provato felicità anche per i miei nipoti che non subiranno quello che hanno subito i miei figli». Ad accompagnarla tra i suoi familiari , c’era anche il figlio di Donata, Denis Dalle Vacche, che porta il nome dello zio che non ha mai conosciuto: «È una sentenza storica, grazie a persone che hanno fatto il loro dovere. Se lo avessero fatto anche 35 anni fa, il caso sarebbe stato risolto dopo due giorni». Tra il numeroso pubblico presente, anche i compagni di squadra di Denis, Michele Padovano, Gigi Simoni, Ciccio Marino, Ugo Napolitano, Alberto Urban e Gigi De Rosa. Fuori dal Palazzo di Giustizia, fin dal mattino, c’erano tante persone accorse in previsione del verdetto per dare supporto morale ed esprimere vicinanza ai familiari del calciatore ucciso. A cominciare dai tifosi e dagli ex compagni del Cosenza, con uno striscione che riportava a lettere rosse e blu “Verità per Denis” e la maglia con il numero 8 indossata dal centrocampista di Boccaleone.l