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Il medico di Ligonchio va in pensione: «Con la gente stima e fiducia: il mio telefono non è mai stato spento»

Wainer Magnani
Il medico di Ligonchio va in pensione: «Con la gente stima e fiducia: il mio telefono non è mai stato spento»

Il dottor Matteo La Grutta va in pensione: «Dopo 30 anni i pazienti sono confidenti. In questi giorni ho ricevuto tanto affetto»

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Ventasso Un tempo il medico di famiglia era anche l’amico, il confidente e un punto di riferimento. Un rapporto che è rimasto intatto nei comuni del nostro Appennino dove il dottore è un cardine della comunità, una figura essenziale nei momenti difficili della nostra vita, ma anche l’amico da invitare a cena o da riverire, caso mai con dei funghi porcini appena raccolti. Il dottor Matteo La Grutta per trent’anni ha impersonificato questo ruolo, ma ora è arrivato il tempo di staccare la spina e di godersi la pensione. «Ho lavorato a Busana, Cervarezza e per tre anni a Ligonchio – racconta - condividendo con i colleghi Corsi e Ferrari l’ambulatorio. Lunedì è stato l’ultimo giorno e devo dire che non mi aspettavo tanto affetto. Nelle ultime settimane è stato un autentico pellegrinaggio. Non c’era solo la curiosità di sapere chi veniva al mio posto, ma soprattutto ho notato il desiderio di salutare l’uomo Matteo, più che il dottore. Questo mi ha fatto molto piacere».

Ha vissuto a Piolo, ora a Castelnovo Monti, per anni è stato medico a Cervarezza, Busana e Ligonchio: cosa le è rimasto di questa esperienza lavorativa?
«Dopo 30 anni si può dire che non sono più pazienti, ma confidenti nel senso buono della parola, molti sono amici. Cambia il rapporto. Mi sono trovato bene e sono stato ricambiato con affetto. A Piolo ho vissuto alcuni mesi quando all’inizio avevo avuto un incarico per sei mesi come medico a Ligonchio».

La sensazione è di esercitare una professione speciale.
«Si crea un rapporto che va oltre e diventiamo sacerdoti e confidenti. Ne ho sentite e vissute di tutti i colori. Situazioni che esulavano dalla professione medica per entrare nella sfera familiare».

Ha vissuto un mestiere antico, oggi non è più possibile.
«Nei rapporti con le persone certamente c’era una stima, fiducia e disponibilità che sicuramente oggi non è più possibile. Sentendo anche i miei colleghi, oggi le visite sono solo su appuntamento, il sabato e la domenica si stacca la spina. Il mio telefono non era mai spento anche se devo dire che disturbavano con garbo e spesso nei casi di sofferenza ero io a chiedere di tenermi aggiornato. I miei orari erano molto flessibili. Sono cambiati i termini: un tempo era medico di base, ora di cure primarie».

La Montagna significa anche disagi.
«Nel corso degli anni potevo trasferirmi quando e dove volevo, ma ho sempre vissuto a Castelnovo Monti, la capitale del nostro Appennino e non mi sono mai pesati i chilometri che mi separavano da Cervarezza, Busana e Ligonchio. Non avevo problemi di zone Ztl, parcheggi a pagamento ma era tutto facile, comodo, piacevole. Sono sempre stato bene in questa dimensione».

Si può dire che è diventato un esperto di funghi?
«Come consumatore certamente ma non avevo molto tempo di andarli a raccogliere. A tavola però mi difendo bene». © RIPRODUZIONE RISERVATA