Palpeggia una collega in bagno durante la cena aziendale: a processo per violenza sessuale
La 27enne non si era sentita bene e il 35enne l’ha accompagnata alla toilette, qui la molestia. Lui nega e parla di un equivoco
Reggio Emilia «Dai...tanto non ci vede nessuno». Questa la frase pronunciata da un collega di lavoro, che avrebbe spinto contro il muro, palpeggiato e baciato una 27enne nel bagno di un locale pubblico. Perciò un reggiano di 35 anni è stato rinviato a giudizio per il reato di violenza sessuale. I fatti risalgono al 17 gennaio scorso, quando una quindicina di persone – tutti colleghi che lavorano per la grande distribuzione organizzata – partecipano a una festa in un ristorante sulla via Emilia. La serata trascorre in modo spensierato, finché la 27enne non si sente bene e viene accompagnata dal 35enne alla toilette.
Qui, nell’anticamera del bagno delle donne, la giovane viene costretta contro la sua volontà a subìre pesanti avances sessuali. Secondo il racconto della giovane il collega l’ha spinta bloccandola con il proprio corpo, ha infilato le mani sotto i pantaloncini corti, palpeggiando glutei e cosce e tentando di toglierle la giacca; l’uomo è riuscito a baciarla più volte sui capelli e sul collo, prima che lei riuscisse a divincolarsi e ad aprire l’antiporta uscendo dal bagno. Fin qui la ricostruzione di lei. Quella di lui, che nega con forza, è molto diversa. Interrogato nell’immediatezza, il 35enne ha detto che si è trattato di un equivoco: a suo dire la giovane era ubriaca e gli altri colleghi lo avevano esortato a portarla in bagno, «sennò vomita qui».
Lui sarebbe entrato nell’antibagno solo per sorreggerla. L’uomo ha detto di non sapersi spiegare il perché della denuncia, ma ha negato le avances sottolineando che non solo si vedevano tutti i giorni in ufficio ma che le circostanze (di tempo e di luogo) non erano certo propizie per approcci sessuali. Davanti al gup Luca Ramponi è stata accettata la costituzione di due parti civili: la 27enne e il padre di lei, tutelati rispettivamente dagli avvocati Simona Magnani e Giulio Cesare Bonazzi. I legali – che non hanno quantificato una richiesta risarcitoria – hanno sottolineato le conseguenze economiche di quella serata: la giovane, alla sua prima esperienza lavorativa, era assunta a tempo indeterminato e si trovava bene nella prestigiosa azienda, ma dopo l’accaduto per non incontrare più il collega lei ha dato le dimissioni, si è trasferita in un’altra città, ha cambiato lavoro ed è, per così dire, ripartita da zero. Per questo motivo il padre, che ha aiutato la figlia a rifarsi una vita, è stato riconosciuto anch’egli come soggetto danneggiato. Il pm Francesco Rivabella, sulla base degli elementi raccolti nel fascicolo che secondo l’accusa confermerebbe l’approccio hard, ha chiesto il rinvio a giudizio, sancito dal giudice per le indagini preliminari. Il 35enne dovrà affrontare il processo che è stato fissato per febbraio dell’anno prossimo. Nel rito ordinario davanti ai giudici collegiali (l’imputato vuole difendersi nel merito) saranno chiamati a testimoniare i numerosi colleghi presenti quella sera. l © RIPRODUZIONE RISERVATA