La scippa della borsetta poi cerca di investirla
La donna giorni dopo riconosce il rapinatore e lo fa arrestare. Ora il 47enne è a processo
Reggio Emilia «Non mi è stato restituito nulla del contenuto della mia borsetta: il danno si aggira sui mille euro, considerando che ho dovuto anche cambiare la serratura di casa. Ma quello che mi lascia maggiormente l’amaro in bocca è il valore affettivo: mia madre è morta di recente e nel cellulare sottratto avevo foto e video di lei, persi per sempre».
Questa la nota umana aggiunta – a margine della deposizione in tribunale – da Rita Gruzza, 64 anni. Bersaglio di una rapina, la reggiana si trasforma in detective: dopo aver inseguito invano lo scippatore, che cerca di investirla, la donna lo incontra per caso quattro giorni dopo e lo fa arrestare. Alla sbarra è finito Walid Ben Ammar, 46 anni, tunisino con una sfilza di precedenti simili alle spalle.
Il 27 dicembre 2022 la signora si è recata nel cassonetti stradali sotto casa in via Liguria (nel quartiere di San Prospero Strinati, vicino a palazzo di giustizia) per gettare la spazzatura: è scesa dall’auto, lasciando la vettura aperta e la borsetta sul sedile, e si è allontanata di un metro per gettare un sacchetto di rifiuti. Quando si è girata «ho visto un uomo sconosciuto correre verso un’altra macchina con in mano la mia borsetta nera», ha detto la donna. «Ho cercato di raggiungerlo gridando di fermarsi, ma lui è salito sulla sua auto e ha chiuso con la sicura, inserendo la retromarcia. Io ho provato ad aggrapparmi alla maniglia della portiera anteriore lato passeggero: l’ho visto bene in faccia». Per assicurarsi la fuga, il malvivente ha sterzato verso la donna cercando di investirla.
«Ho sentito l’auto che mi spingeva venendo contro di me. A quel punto ho avuto paura e ho mollato la presa». Qualcuno ha assistito alla scena e ha urlato. «Il mio vicino di casa, Lonardo Sportelli, dal quarto piano della palazzina adiacente ha gridato contro quel bandito». Invano: il malvivente è sgommato via. Tuttavia la 64enne ha dimostrato di avere una certa prontezza di riflessi: ha memorizzato il modello della vettura (una Volkswagen Passat di colore bianco) e il numero di targa, recandosi in questura a sporgere denuncia; ha tracciato anche un identikit dettagliato del rapinatore, descritto come «alto circa 1.70, robusto, agile perché correva velocissimo, cappellino scuro con visiera, jeans, giubbotto e sciarpa bianca, naso un po’ schiacciato e zigomi alti».
La borsetta sparita e mai ritrovata conteneva le chiavi di casa, i documenti personali, 170 euro in contanti e il cellulare marca Oppo. L’episodio pareva finito lì. Senonché qualche giorno dopo, il primo gennaio, la 64enne si è recata a Rivalta a trovare un’amica e mentre parcheggiava in via Girardengo è incappata nel malfattore, fermo accanto alla Passat in sosta, tra l’altro con addosso gli stessi vestiti del momento della rapina.
La donna si è nascosta e ha allertato la polizia, che ha portato in questura il 46enne, risultato dalle impronte digitali un habitué di furti e rapine. «Non mi dimenticherò mai la faccia di quell’uomo – ha ribadito in udienza la signora – Tra l’altro quando l’ho rivisto l’ho riconosciuto subito: davanti al giudice per le indagini preliminari, nonostante avesse una folta barba, ho avuto la certezza assoluta che fosse lui». Prima del rinvio a giudizio l’imputato (che ha presenziato in precedenza perché era detenuto per altra causa a Bologna, ora è stato scarcerato) ha cercato di sostenere che non era lui al volante dell’auto – intestata a un parente residente a Viareggio –, ma gli accertamenti dei poliziotti hanno smentito questa circostanza.
In tribunale il processo in rito ordinario si è aperto con i primi testimoni dell’accusa: oltre alla 64enne, che si è costituita parte civile tramite l’avvocato Lalla Gherpelli, sono stati ascoltati i poliziotti che sono intervenuti quel giorno e il vicino Sportelli, noto in città perché presidente di Unitre, l’Università della Terza Età di Reggio Emilia con sede in via Roma. L’avvocato difensore dell’imputato, Laura Quagliotti del Foro di Bologna, ha instillato dubbi sul tentativo di investimento («se il conducente avesse fatto davvero retromarcia, sarebbe finito contro una recinzione») e sul racconto del vicino, che secondo la difesa dal balcone del quarto piano non può aver visto un’azione così rapida. Il giudice monocratico Matteo Gambarati, accogliendo in parte le istanze della difesa, ha rinviato per acquisire le fotografie del parcheggio. Nella prossima data il processo dovrebbe concludersi. «La mia assistita ha dimostrato coraggio – ha commentato l’avvocato Gherpelli – Ha collaborato con gli inquirenti e senza il suo attivismo difficilmente questa storia sarebbe arrivata all’attenzione della giustizia». l © RIPRODUZIONE RISERVATA