«Schiacciata da un muletto, ho perso una gamba ma sono rinata»
Reggio Emilia, il racconto di Manuela Praticò: «Ho pensato di morire. Serve dire no quando è in gioco la vita»
Reggio Emilia «Mancavano 20 minuti alla fine del mio turno di lavoro, era il 24 aprile 2013 e mi attendeva una settimana di ferie: uscii dal mio ufficio e successe quello che avevo temuto in tantissime altre occasioni. Il muletto mi schiacciò e la mia vita cambiò per sempre in una manciata di secondi».
Manuela Praticò è la presidente di Anmil (l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) di Reggio Emilia e, a sua volta, è stata vittima di un infortunio sul luogo di lavoro che le è costato l’amputazione di parte della gamba destra. Manuela era impiegata amministrativa addetta alla logistica di una ditta di Borzano di Albinea nel settore del riciclaggio della plastica. Il 24 aprile 2013 il suo turno di lavoro sarebbe finito alle 17 e Manuela in quel periodo si lasciava una separazione alle spalle ed era pronta a una nuova ripartenza. Poi venti minuti prima della fine del turno, l’infortunio.
«Ricordo quel giorno come se fosse ieri – ricorda Manuela –. Ero nel pieno della vita e al termine di quella che fino a quel momento era stata una normale giornata di lavoro, è arrivata la telefonata di un fornitore che mi ha chiesto informazioni. Sono uscita dalla porta dell’ufficio all’interno del magazzino, dove non c’erano dispositivi di sicurezza. Stavo iniziando a seguire io le procedure per installarli ed ero riuscita, per fortuna, a far mettere telecamere. Uscivo giornalmente quando arrivavano i container per chiedere nome e targa all’autista. Ho pensato tantissime volte: “Oddio quel muletto mi mette sotto”. Poi è accaduto sul serio e mi hanno travolta davvero. Ho sentito un gran botto alle spalle e ho fatto in tempo solo a pensare: “Ma cosa sta succedendo?”. Tempo un secondo e la mia vita è cambiata. Ero con le gambe sotto il muletto: subito mi ha tamponata talmente forte che sono stata sbalzata per aria, atterrando sulla spalla sinistra. Poi il muletto mi è passato sulle gambe. Non sono svenuta e ricordo ogni dettaglio, a partire dal bruciore incredibile. Continuavo a urlare: “Sto andando a fuoco”. Nel mentre mi sono fatta portare il telefono e ho chiamato mia sorella, mio cognato e il medico. Ero convinta di morire».
Nonostante la gravità dell’accaduto Manuela ha trovato il coraggio di rinascere ancora: ha vinto un concorso all’Ausl, non per disabili, per un posto a tempo indeterminato, dopo che la ditta (da cui era assunta con un contratto a scadenza) l’aveva lasciata a casa. «La gente è abituata a vedere gli atleti amputati che partecipano alle Paralimpiadi – aggiunge Manuela –. Non siamo tutti così. E, anche se abbiamo una protesi che ci aiuta, nulla è scontato come prima. L’infortunio lascia poi strascichi rilevanti anche dal punto di vista psicologico. Un’altra cosa tengo a sottolineare: purtroppo si pensa che siamo costretti a dire sempre sì, ma quando si va contro alla propria salute, se si rischia, bisogna dire di no. Se non fossi uscita, visto che non c’erano garanzie di sicurezza, forse oggi avrei ancora la mia gamba».