Brescello, cinghiate e insulti a moglie e figlie. Un 64enne a processo
Il racconto in aula delle vittime
Brescello Le percuoteva con le ciabatte e con la cinghia dei pantaloni, insultandole ogni giorno, fino a quando la madre ha gettato il cuore oltre l’ostacolo e ha lasciato l’abitazione in cui si consumavano quelle violenze, così come hanno fatto le figlie.
Questo nonostante il timore dello stigma con cui avrebbe dovuto convivere, poiché nel suo Paese d’origine le mogli non si allontanano dai mariti, nemmeno se vivono situazioni da incubo come quelle che ha denunciato lei.
Un imputato, 64enne, originario del Senegal, assistito dall’avvocato Luisa Tosi, è finito a processo per lesioni e maltrattamenti nei confronti della moglie e delle figlie.
Ieri, in aula, davanti al collegio di giudici presieduto da Cristina Beretti – a latere Giovanni Ghini e Silvia Semprini – è stata ascoltata una delle figlie, che ha ricostruito la sofferenza della madre su più fronti. Non solo nel subire le vessazioni del marito, «ma anche nell’affrontare le conseguenze dell’allontanamento da casa, per quanto avrebbero potuto pensare nella nostra comunità sul suo comportamento».
«Poco di buono, prostituta», era una delle frasi offensive che il marito rivolgeva alla moglie, arrivando a minacciarla con un coltello. La donna e le figlie – rappresentate dall’avvocato Federica Riccò – sono state assistite dal centro antiviolenza e si sono costituite parte civile.
La denuncia risale al 2021.
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