Il giovane pensionato Lucio Duo: «Condivido emozioni sui social raccontando la cucina reggiana»
Classe 1960, ha cominciato quasi senza pensarci, con la spinta tipica di chi, in età da boomer, è preso dalla voglia di condividere qualcosa che lo riguarda
Un po’ Proust e un po’ Guccini. E poco importa se la madeleine è in realtà un casagaj e se il Maestrone che vive a Pavana è indiscutibilmente modenese. Quello che conta per Lucio Duo sono le emozioni che un cibo può darti, lo scrigno dei ricordi che grazie a un cappelletto può schiudersi nella tua testa e farti tornare bambino. O meglio, farti ritrovare le tue radici.
Questa è la storia di un gruppo nato su Facebook per l’iniziativa di un giovane pensionato (l’ossimoro è voluto, e serve per dare l’idea di chi il proprio tempo libero non vuol passarlo davanti al solito cantiere), il gruppo Facebook “Trattorie emozionali reggiane” che con poche settimane di vita alle spalle conta già 9mila iscritti. Un successo – testimoniato anche da altri numeri, come quelli delle visualizzazioni e delle interazioni ai post – che ha sorpreso anche l’ideatore del gruppo.
Lucio Duo, classe 1960, da poco in pensione, ha cominciato quasi senza pensarci, con la spinta tipica di chi – in età da boomer – è preso dalla voglia di condividere qualcosa che lo riguarda. In questo caso, nel caso del gruppo Facebook creato verso la fine dell’estate scorsa, si tratta di mettere in circolo emozioni, riaccendere ricordi, tutti rigorosamente legati alla nostra tavola.
Calcio e cucina
«Quella della cucina e in particolare, della cucina reggiana – dice – è una mia vecchia passione, e l’idea di condividere questa passione mi è venuta quest’estate, mentre ero in vacanza sul nostro Appennino e sono andato alla scoperta di trattorie, ristoranti, bar con cucina come soltanto in certi angoli di paradiso puoi trovare. E ho sentito il bisogno di condividere le emozioni che mi davano determinati piatti della tradizione. Quando ho iniziato a condividere le mie esperienze in questi posti – racconta – non mi aspettavo che mi si aprisse un mondo, come invece è accaduto e sta accadendo.
Tifosissimo granata, soprattutto per colpa del padre Guido, prima calciatore di ottimo livello e poi allenatore della Reggiana. E alla fine il tifo inteso come attaccamento ai colori, al campanile, al territorio è tangibile anche in questa iniziativa. Certo, i legami familiari contano e non solo per scegliere la squadra di calcio. Una cosa che si percepisce immediatamente scorrendo i post della pagina è l’attaccamento a tutto ciò che è reggiano.
Difesa dei confini
E di conseguenza, nessuna voglia di mescolare in una indistinta cucina emiliana.
«Man mano che i post che pubblicavo avevano un sempre maggiore feedback – racconta Duo – ricevevo sempre più richieste di persone, perlopiù ristoratori di città vicine che mi chiedevano di recensire anche i loro piatti e i loro menù. E io rispondo sempre alla stessa maniera. Grazie, ma non lo faccio. Questo è un gruppo che vuole concentrarsi sulla cucina reggiana». E quando Lucio parla di queste cose capisci perché ci tiene ai confini. E soprattutto perché non vuole confondersi con altri lidi anche vicini. «Non vorrai mica mettere la bellezza dei borghi del nostro Appennino con quelli della vicina Parma, dove il passaggio della Cisa ha devastato lo skyline...».
Niente stroncature
Invero, anche con chi si cimenta nella cucina reggiana non sono mancati fraintendimenti. «È capitato – racconta Duo – che sia andato in un ristorante o in una trattoria e soltanto dopo, una volta pagato il conto ho chiesto di poter condividere su Facebook la mia esperienza. E quando questo accadeva non di rado capitava che l’oste di turno dicesse: “Eh, se me lo avessi detto prima...”. E perché – si chiede Lucio – avrei dovuto dirlo? Cosa sarebbe cambiato? Ripeto: non sono né un critico gastronomico né un sito di recensioni. Lo spirito rimane quello di raccontare anche solo con una foto, una esperienza positiva, proprio dal punto di vista emozionale».
E una cosa a cui Duo tiene più di tutte è quella di non essere confuso con una specie di TripAdvisor della cucina nostrana. «Non mi interessano – dice – e non pubblico recensioni negative: non è questo lo spirito del Gruppo».
Un gruppo che nelle sue storie centra quasi sempre il bersaglio. Perché come la madeleine di Proust, il cappelletto in brodo di cappone ci riporta a quelle domeniche mattina in cui la tavola della cucina era un altare per la fujeda, la sfoglia pendeva fin quasi a toccare terra perché uniformemente prendesse la giusta – né troppa né troppo poca – dose di sole e aria, per essere poi lavorata e predisposta ad accogliere il ripieno che a sua volta, sull’altare riposava avvolto in un canovaccio.
Del resto, che la cucina reggiana abbia qualcosa in comune con la religione lo dicono la ritualità di certe ricette. Come quella della reggianissima bomba di riso, al cospetto della quale bisogna... arrivare puntuali (come alla messa, appunto) per evitare che il riso scuocia.
«Al di là delle ricette che non sono infinite – sottolinea Duo – quello che esce nei contributi che mi arrivano è costituito da pezzi della nostra storia, anche di un tempo andato, certo. Come quello fissato in una foto di Stanislao Farri che ritrae il venditore di piccioni, all’ombra dei Leoni, sui gradini della chiesa di San Prospero, in piasa céca, seduto accanto alla sua merce prelibata, i pisoun di cui canta Guccini con Mingardi nel brano dialettale la fera ed San Zvan, o – se preferite – gli animali su cui Carlo Cracco ha costruito una carriera.
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