Il climatologo Mercalli: «Troppa cementificazione e cambiamenti climatici: accadrà ancora»
L’analisi dell'esperto: «Oggi piove molto più intensamente, prima si arrivava al limite, ora lo si supera e l’acqua esce»
«In Emilia Romagna le alluvioni si sono verificate molto spesso negli ultimi mesi e purtroppo tali eventi accadranno sempre più spesso. L’indubbio cambiamento climatico ovviamente incide, ma occorre smettere subito di cementificare nei territori». È piuttosto perentorio Luca Mercalli, tra i massimi esperti a livello internazionale di meteorologia e climatologia, membro da anni del “Climate Broadcaster Network-Europe”, nel giudicare la terribile attualità nella nostra regione.
Quindi la colpa di questi eventi non va interamente attribuita al cambiamento climatico?
«La responsabilità non è tutta lì, lo è ovviamente in parte, ma occorre tenere a mente il ruolo della pioggia. Oggi piove molto più intensamente anche se è sempre piovuto: ma il “sistema” prima arrivava al limite mentre oggi si supera questo limite e l’acqua esce dai luoghi in cui è relegata».
Non ci sono problemi di argini troppo deboli, fiumi non puliti, canali privi di sfogo?
«Sì, ma vent’anni fa visto che pioveva meno intensamente in Emilia-Romagna si arrivava vicini alla rottura delle infrastrutture, che poi reggevano e quindi quasi non ci accorgevamo del pericolo. Oggi è appunto molto diverso. Tenga presente che domenica a Bologna sono caduti oltre 140 millimetri di pioggia in poche ore, tantissima, mentre nella alluvione precedente, il 19 settembre il fiume romagnolo Lamone è fuoriuscito dopo che caddero 350 millimetri in una giornata. Sono numeri mai visti da quando facciamo queste misurazioni in maniera approfondita, ovvero dagli anni Cinquanta».
Accennava al fatto che accadrà sempre di più…
«Purtroppo l’aumento della temperatura in atto proseguirà nei prossimi decenni e così tali fenomeni estremi saranno sempre più probabili. Se c’è più calore, infatti, si produce più energia e tenga presente che mesi fa l’Adriatico è giunto a 30 gradi: l’acqua calda evapora in quantità sempre maggiore e salendo si scontra con l’aria fredda producendo pioggia».
Cosa si può fare?
«Siamo molti lenti, lo dico in generale, a diminuire le emissioni di CO2, l’anidride carbonica. Comunque a livello locale è utile fare molta formazione di protezione civile e vorrei anche ricordare che la precisione delle previsioni che abbiamo oggi ci permette di lavorare bene sulla prevenzione. Ma ovviamente c’è dell’altro».
Cosa?
«È soprattutto fondamentale, anche in Emilia-Romagna chiaramente, non consumare più suolo, smettere di costruire dove ormai è tutto un susseguirsi di capannoni. Dobbiamo lasciare stare gli argini, dove già sono stati fatti scempi da questo punto di vista, e basta villette in zone a rischio perché già oggi ne paghiamo alti costi».
La conformazione territoriale della regione incide in quel che sta accadendo?
«Sì anche, a parte il fatto che l’Appennino è una fabbrica continua di pioggia che scendendo si porta via quantitativi importanti di sabbia e ghiaia dal terreno, va ricordato che negli ultimi trent’anni a forza di lavorare intorno ai fiumi si è arrivati a una loro conformazione “pensile”. Il fiume, il torrente, cioè, è spesso più in alto rispetto alla campagna e così l’acqua esce ed entra nelle abitazioni che incontra. Ciò, appunto, è determinato da un uso troppo intenso del territorio emiliano romagnolo che si è fatto dopo la seconda guerra mondiale. Non dimentichiamo infine che la Pianura Padana si è formata tramite alluvioni avvenute nel corso di milioni di anni, il territorio qui è sostanzialmente costituito da parti di Appennino e Alpi “sbriciolate”».
Infine le manutenzioni, sulle quali sono continue le polemiche tra la Regione a guida centrosinistra e il governo a guida centrodestra. Nei giorni scorsi il presidente regionale della Corte dei Conti ha asserito che finora quest’anno solo il 10% delle risorse per la difesa dei bacini fluviali sono state impegnate, ma la Regione ha smentito. Lei cosa ne pensa?
«Questo non è un tema scientifico e penso ci siano sempre delle difficoltà amministrative e burocratiche: servono però le opere corrette per minimizzare il rischio. Le alluvioni ci saranno, appunto, lo stesso, ma una certa protezione può contribuire a contenerle anche se non si risolveranno definitivamente le cose: certamente, per fare un esempio, non è più tempo di tombare i canali come si è fatto fino agli anni ’70-’80». l © RIPRODUZIONE RISERVATA