Gazzetta di Reggio

Reggio

L’esposizione

L’arte africana contemporanea trova casa a Palazzo da Mosto

Giulia Bassi
L’arte africana contemporanea trova casa a Palazzo da Mosto

La mostra curata da Giovanni Nicolini per l’Associazione Flag No Flags

3 MINUTI DI LETTURA





 Reggio Emilia Un originalissimo progetto espositivo dedicato all’arte africana contemporanea. L’ha realizzato l’Associazione Flag No Flags Contemporary Art a cura di Giovanni Nicolini ed è la mostra allestita a Palazzo da Mosto “Identità /Mutamento attivismo globale, testimonianza, radici” con opere di Laetitia Ky, Dan Halter, Franklyn Dzingai, Ikeorah Chisom Chi-Fada. Il progetto è stato realizzato grazie al contributo del Comune di Reggio Emilia/Bando Cultura #RE 2024, con la collaborazione di Fondazione Palazzo Magnani, Fondazione Manodori, Fondazione E35, Centro Interculturale Mondinsieme ed il patrocinio di Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Le opere ed il sostegno scientifico provengono da Osart Gallery Milano e LIS10 Gallery Arezzo/Parigi. «Vi sono diverse vie per avvicinare l’arte africana contemporanea, comprendendola con uno sguardo, cogliendone il contatto vitale con la realtà, affiancandola, per la sua concretezza, nell’immedesimazione e nella empatia con la totalità – spiega il curatore del progetto Giovanni Nicolini –. Sino all’incontro percettivo con le espressioni simboliche che si traducono nella sostanza viva, animata, mai limitata o inconsapevole di cui si compongono le opere».

Per quanto riguarda gli artisti in mostra Laetitia Ky (Abidjan, Costa d’Avorio, 1996), da molti anni sviluppa un’attività artistica assolutamente originale, che incrocia la dimensione espressiva con quella dell’impegno civile e politico in senso lato e dal punto di vista tecnico, unisce in maniera sinergica diverse discipline artistiche, dalla fotografia alla pittura, dalla scultura alla performance, dal videomaking al cinema. Mentre l’opera esposta di Dan Halter (Zimbabwe, 1977) raccoglie un nuovo corpus di lavori che esplorano i temi della proprietà terriera, in particolare la questione della ricchezza e della distribuzione della terra nell’Africa post-coloniale e nel capitalismo globale in generale, oltre alla crisi climatica che affligge il nostro pianeta. Singolare figura nel panorama dell’arte contemporanea, Halter ha messo punto una tecnica esclusiva che muove dall’antica arte della tessitura africana e la trasla in chiave artistica, con esiti di grande techné. Inoltre Franklyn Dzingai (Kwekwe, Zimbabwe, 1988) presenta lavori recenti incentrati sul tema della vita in città. Harare, la capitale dello Zimbabwe nella quale vive e lavora, diventa il palcoscenico esistenziale su cui germinano le narrazioni dell’autore. La recita del quotidiano si svolge nelle complesse condizioni socioeconomiche del Paese, afflitto da un’inflazione incontrollata, dalla disoccupazione dilagante e dalla scarsità di servizi. Da ultimo, Ikeorah Chisom Chi-Fada (Lagos, Nigeria, 2000), attingendo a riferimenti culturali, personali, politici e storici dell'arte, crea coinvolgenti composizioni narrative figurative a strati realistici che emergono dalla sua storia di giovane nigeriano e dalla sua storia personale che racconta una ambiziosa e incessante ricerca nonostante le difficoltà. Ikeorah esplora ciò che egli descrive come “poesia visiva” nel raccontare storie su tela. La narrazione di questa poesia visiva comporrebbe strati della trama, personaggi, figure retoriche, simbolismo e allegoria mentre utilizza anche un gioco di luci e colori nella costruzione della composizione delle sue opere.l © RIPRODUZIONE RISERVATA