Alluvione di Lentigione: il pm chiede l’assoluzione per i tre tecnici Aipo
Per l’accusa troppi dubbi per arrivare a una responsabilità penale
Brescello Ultime battute del processo per l’alluvione di Lentigione, avvenuto nel dicembre del 2017. Il pubblico ministero Giulia Galfano ha chiesto l’assoluzione per i tre imputati – tecnici di Aipo – che sono accusati di inondazione colposa in concorso. Si tratta dei due dirigenti dell’Aipo, Mirella Vergnani e Massimo Valente, e un tecnico della stessa Agenzia interregionale per il fiume Po responsabile di quel tratto di fiume, Luca Zilli, tutti di Parma. Il pm ha parlato di insufficienza di prove: «Ci sono tanti dubbi sulla prevedibilità dell’evento: non si può arrivare alla responsabilità penale». Sono costituiti parte civili i cittadini di Lentigione, riuniti in comitato.
L’inchiesta
Secondo l’inchiesta del Nipaaf dei carabinieri forestali di Reggio Emilia, coordinati all’inizio dal sostituto procuratore Giacomo Forte, sarebbero state due le cause all’origine dell’esondazione del dicembre del 2017 del torrente Enza. La prima: il malfunzionamento delle due casse di espansione di Montecchio/Montechiarugolo. Si tratta della prima “barriera” idraulica, una zona di raccolta che ha lo scopo di trattenere l’acqua proveniente dall’Appennino prima che raggiunga la Bassa. Quel 12 dicembre 2017 ci fu un’anomalia nel funzionamento del sistema idraulico, a causa – sempre secondo gli investigatori – dei detriti accumulatosi negli anni e della presenza di una folta vegetazione, nonché dovuta alla cattiva manutenzione dell’opera stessa. Nell’impianto accusatorio che ha portato il processo, se fosse stata eseguita una corretta manutenzione delle casse, il livello del torrente non avrebbe raggiunto nella Bassa quella quota che ha provocato l’esondazione.
Il secondo problema riguarda la cosiddetta “corda molle”: così viene chiamato, in gergo, il tratto dell’argine dove c’è un avvallamento. Si tratta di un punto che era più basso e secondo chi indaga il fatto era noto, sia da parte degli esperti ma anche degli anziani del posto. Lì si è verificata prima l’esondazione, quindi la rottura.Secondo le indagini, si sarebbe dovuto provvedere a rinforzarlo con dei sacchi e a monitorarlo a mano a mano. Le conclusioni a cui sono giunti gli investigatori è che il comportamento di Aipo sarebbe stato improntato alla sottovalutazione e alla non adozione delle misure di protezione, che da sole sarebbero bastate.