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Il delitto di San Martino in Rio

Ha ucciso il padre a martellate: annullata la condanna a 24 anni

Ambra Prati
Ha ucciso il padre a martellate: annullata la condanna a 24 anni

La Cassazione accoglie il ricorso della difesa di Marco Eletti: bisogna ridiscutere l’aggravante della premeditazione

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San Martino in Rio La sentenza, letta alle 19 a Roma dopo una lunga giornata di discussione, è stata clamorosa e ha rimesso in discussione ben due gradi di giudizio. La Prima Sezione Penale della Cassazione, in accoglimento al ricorso della difesa sulla premeditazione, ha annullato con rinvio il verdetto di Marco Eletti, il 33enne condannato a 24 anni e due mesi di carcere per l’omicidio premeditato del padre Paolo (58 anni) e per il tentato omicidio della madre Sabrina Guidetti. Il processo torna “indietro”, davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Bologna, dove si ridiscuterà esclusivamente dell’aggravante dell’assassinio del padre.

Quello di San Martino in Rio è stato un delitto familiare con una trama degna di uno dei romanzi gialli che il grafico con aspirazioni letterarie scriveva Eletti, che aveva anche partecipato alla trasmissione televisiva L’Eredità. Il 24 aprile 2021, nell’abitazione dei genitori durante un pranzo di famiglia, il 33enne dapprima ha stordito la madre (Sabrina Guidetti è sopravvissuta per miracolo, risvegliandosi dopo tre mesi di coma) con una massiccia dose di benzodiazepine messa nei bignè alla crema preparati dall’ignara fidanzata; poi ha massacrato a martellate il padre Paolo Eletti, di 58 anni. In realtà, secondo l’accusa, il piano originario del giovane era quello di avvelenare entrambi i genitori: ma il caso vuole che il padre non assaggi i bignè e così scatta il piano B. Mentre la madre perde conoscenza, Marco guarda sul cellulare “omicidio a colpi di martello” e colpisce Paolo alle spalle, poi fa un taglio alla gola della madre e le lega il polso con delle fascette fingendo di essere uscito e rientrato. Infine – sempre secondo l’accusa – lancia l’allerta al 118 suggerendo che si tratti di un omicidio-suicidio: davanti ai sanitari si presenta coperto di sangue da capo a piedi e con un coltello in mano, chiede più volte se la madre è morta e quando gli dicono che può salvarsi e andrà in ospedale lui sbotta «in ospedale potrebbe prendere il Covid!», esprimendo, secondo la procura, «solo disappunto».

Presunto movente: il fatto che il padre si opponesse alla vendita della casa, anche se in sede di udienza preliminare l’esame del Dna ha svelato che Paolo Eletti (che aveva una doppia vita) non fosse il padre naturale di Marco. Poiché il 33enne è reo confesso, l’iter giudiziario è stato combattuto proprio sulle aggravanti. Il 24 febbraio 2023, in primo grado in tribunale a Reggio, il pm Piera Giannusa ha chiesto l’ergastolo, contestando il massimo: omicidio pluriaggravato (tre le aggravanti). Ma la difesa è stata abile nell’instillare dubbi e la giuria popolare, presieduta dal giudice Cristina Beretti, ha fatto cadere le due aggravanti dei futili motivi e dell’utilizzo del metodo venefico, ritenendo sussistente soltanto la premeditazione. Da qui la condanna a 24 anni e due mesi, confermata in toto il 10 aprile 2024 dal secondo grado a Bologna, che non ha spostato una virgola. Gli avvocati difensori dell’uomo, Domenico Noris Bucchi e Luigi Scarcella, che pur avevano ottenuto un buon risultato, hanno annunciato fin dall’inizio di voler perseguire l’obiettivo di scardinare la premeditazione, discussa ieri in Suprema Corte.

Il ricorso della difesa si è focalizzato sul tema della premeditazione, secondo la difesa insussistente, non provato oltre ogni ragionevole dubbio, con argomentazioni non soppesate in Appello: da qui la richiesta di annullamento con rinvio affinché su questo punto si rinnovi il giudizio. La procura generale si è opposta proponendo il rigetto, ma è passata la tesi dei difensori, che ora puntano a stravincere. «Siamo molto soddisfatti – hanno detto Bucchi e Scarcella –. Se le nostre ragioni troveranno accoglimento in Corte d’Assise d’Appello, la pena si potrebbe dimezzare». Marco Eletti è tuttora detenuto nel carcere della Pulce di Reggio, dove segue un percorso psicologico e dove riceve regolarmente le visite della madre, che non lo ha mai abbandonato. l © RIPRODUZIONE RISERVATA