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Dorando Giannasi, partito da Civago a Milano ha costruito un impero. Ora il re del girarrosto ha ceduto l’attività

Massimo Sesena
Dorando Giannasi, partito da Civago a Milano ha costruito un impero. Ora il re del girarrosto ha ceduto l’attività

L’epopea di chi è partito dal nulla e credendo nel lavoro: «Erano anni in cui il superfluo non esisteva e, ad esser sinceri, non è che il necessario ci fosse tutti i giorni»

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Se i milanesi da quasi mezzo secolo hanno eliminato o quasi il problema di cosa cucinare per cena, devono dire grazie alle idee, alla determinazione, alla fame di farcela, di questo signore di 79 anni che nel 1959 partì con suo fratello e sua sorella da Civago per cercare fortuna nella grande metropoli del Nord. Dorando Giannasi ci accoglie davanti alla sua “creatura”, in Porta Romana a Milano e – sarà per il soprabito e il bastone – ma la prima suggestione che abbiamo nel vederlo per la prima volta a figura intera e non dietro il bancone del suo girarrosto, è quella del Viandante nel mare di nebbia, il quadro di Caspar Friedrich, opera simbolo del Romanticismo.

E anche se non si è milanesi con l’ossessione di cosa metter in tavola, non è difficile convenire che questo civaghino che nei fine settimana lascia Milano per tornare laddove è nato («per respirare un po’d’aria buona...») ha molto del viandante romantico che scruta l’orizzonte in cerca di nuove sfide. Quanto alla nebbia... bè, Dorando l’ha conosciuta quando si chiamava soltanto sghisera, ed era nebbia vera, di quelle da perdersi.

Il passaggio di mano
Da qualche settimana è ufficiale: il più grande girarrosto di Milano, la rosticceria di piazza Buozzi, meta di tutti i milanesi è passata di mano. Giannasi, che l’aprì nel 1967 l’ha ceduta al Gruppo Finiper Canova che è proprietario degli Ipermercati Iper La grande i, Unes, il Viaggiator Goloso, le diverse insegne legate al settore della ristorazione (tra cui Ristò, Rom’Antica, CremAmore e Portello Caffè) e alcune attività immobiliari, tra cui Il centro di Arese e Piazza Portello di Milano. E non v’è dubbio che, quando la notizia è diventata ufficiale, un po’ di malinconia mista ad ansia nei milanesi si è fatta strada, ma lui assicura che non cambierà nulla. «La ricerca di un acquirente – racconta Giannasi – non è di queste settimane, ma era iniziata da oltre un anno. E se adesso ho concluso la cessione è perché ho ricevuto le garanzie che volevo».

Attraversiamo la strada lasciandoci alle spalle questo mega chiosco e ci troviamo davanti a un negozio-ufficio. In vetrina c’è tutto il merchandise di Giannasi, ci sono le foto storiche di quando tutto è cominciato. Dorando impugna il bastone da passeggio e con il manico argentato picchetta sul vetro. Ci apre Paola, sua figlia. «Lui – le dice presentandomi – è un giornalista di Reggio Emilia, della Gazzetta di Reggio». Paola ci accoglie con un sorriso: «Ah... Allora è uno dei nostri». «Sì, è dei nostri». Dorando alle sue radici non ha rinunciato: «Sono stato a Civago ieri, era una bellissima giornata. Da quelle parti è così: quando è bello è bello davvero, poi però quando fa brutto tempo...».

Mi rendo conto che forse vuole cambiare discorso, rispetto al tema delle garanzie a cui accennavamo prima. Ma sbaglio: «Mia figlia resta in società, con una quota di minoranza». E le altre garanzie? «Innanzi tutto – dice Dorando, dando l’impressione di volere che sia proprio Paola a continuare il discorso – il marchio. Vogliamo che resti perché è stato costruito negli anni con il contributo dei tanti che hanno lavorato con noi». Paola allora chiarisce il concetto: «Non siamo una piadineria – dice senza preoccuparsi di censurare il proprio, legittimo, orgoglio – e non vogliamo invadere Milano, vogliamo che il nostro marchio sia comunque riconoscibile come è oggi. Il modo con cui i nostri partner si sono avvicinati ci ha favorevolmente impressionato. Per questo mi sento di rassicurare i milanesi che in tutti questi anni ci hanno dato fiducia e dico loro che nulla è cambiato e nulla cambierà soprattutto sul versante della qualità».

Del resto in tutti questi anni i Giannasi ci hanno sempre preso e il signor Dorando più di tutti, nonostante una sesta elementare di cui va comunque particolarmente fiero. «Non ero – ricorda con un sorriso – un grande studente, ma fui uno dei pochi, a Civago, a quei tempi, ad aver fatto anche la sesta elementare, che all’epoca era una sorta di anno propedeutico per iniziare comunque i giovani privi di mezzi economici al mondo del lavoro».

No, non erano bei tempi, a Civago in quegli anni e Dorando la spiega così: «Erano anni in cui il superfluo non esisteva e ad esser sinceri, non è che il necessario ci fosse tutti i giorni». Mentre Dorando racconta, Paola lo guarda come una figlia guarda un padre di cui è da sempre innamorata: ha già sentito tante volte raccontare dal padre i primi anni a Milano, a servizio in una polleria, a fare le consegne in bicicletta, con la nebbia, «quella che oggi non c’è quasi più. Eh sì, – racconta Giannasi sorridendo – è successo anche che mi sia perso per Milano, sulla strada del ritorno dopo una consegna...».

Gli inizi da garzoni
Con la sorella Graziella e il fratello Luciano fanno i garzoni e il “padrone” alla fine li “adotta”: «Ci siamo fatti voler bene dal padrone» racconta, quasi rendendosi conto che ciò che sta dicendo, oggi è pressoché incomprensibile: «La polleria era gestita da una coppia, marito e moglie, che mi passavano i vestiti del loro figlio, stavo bene». Dorando non lo dice, ma il segreto di questo suo benessere di adolescente sta nell’educazione ricevuta:«Siamo stati educati – dice con orgoglio con rigidità, al culto del lavoro». All’epoca, la polleria commerciava solo carni bianche e crude e i Giannasi lavoravano come garzoni e addetti alle consegne.

«Ci siamo fatti voler bene, al punto che quando abbiamo deciso di aprire qualcosa di nostro, ci hanno aiutato, anche dal punto di vista economico». E da lì in poi, Dornando non è ha sbagliata una, E siccome le sue radici sono tra le montagne di casa nostra, come tutti i montanari è schivo a parlare di se stesso. Poco male: il caso vuole che accanto a lui ci sia Paola che mentre lavora al pc risponde al posto di suo padre quando chiediamo a Dorando quale sia stato il vero punto di svolta.

L’intuito di Dorando
La prima grande intuizione di Dorando, fu quella della location definitiva della sua attività. «Tra le due guerre – racconta Giannasi – il Comune di Milano aveva aperto dei chioschi in diversi punti della città con l’obiettivo di calmierare i prezzi della frutta e della verdura. Negli anni 50 erano però abbandonati e uno di questi era in piazza Buozzi, nel cuore di Porta Romana. Una posizione che per noi si rivelerà strategica».

Ma l’intuito sarà ancora decisivo per Dorando: «Sicuramente – dice Paola cercando conferma da suo padre con lo sguardo – la svolta è arrivata a metà degli anni ’80, quando mio padre ha capito che i tempi stavano cambiando. Nelle famiglie, prima di tutto: se prima la donna era in qualche modo colei che cucinava, da lì in poi le donne avevano invece cominciato a lavorare fuori casa. Da lì la scelta di trasformare una rosticceria in una gastronomia più completa, sempre con un occhio particolare per la qualità dei prodotti e quindi degli ingredienti». E da lì, in effetti, Giannasi deve assumere altre persone: «Adesso – interviene Dorando – i dipendenti sono 27 e abbiamo avuto garanzie per tutti».

Invero, le intuizioni di questo civaghino che nel 1990 il presidente della Repubblica nomina Cavaliere del Lavoro, e a cui vent’anni dopo, nel 2010 il Comune di Milano consegna l’Ambrogino d’Oro (per l’attività imprenditoriale, certo ma anche per l’opera filantropica, con il finanziamento di borse di studio dell’Airc ) non finiscono qui. E a raccontarle è sempre la figlia Paola: «Dicembre 2019: il nostro marchio era su tutti i filobus di Milano, ma il contratto stava per scadere. E papà disse: non rinnoviamolo. Pochi mesi dopo arrivò il primo lockdown. E noi da quel giorno abbiamo cambiato pelle un’altra volta. Abbiamo spinto sul delivery e mio padre progettò di suo pugno un sistema per mantenere il distanziamento, disegnando tutt’intorno al chiosco le impronte che dovevano segnare lepostazioni. Eppoi è stato sempre mio padre a inventarsi il salta-coda. E in questo modo, al pari dei supermercati, non abbiamo mai chiuso un solo giorno...».

Radici e progetti
E adesso? «Adesso, visto che non credo di avere tanti anni avanti a me – dice sorridendo Dorando – magari farò qualche viaggio, sapendo che comunque qui ci sarà mia figlia a garantire che quello che abbiamo costruito non vada disperso». E chissà, magari avrà più tempo anche per tornare alla sua Civago e rinsaldare quei legami alla sua terra d’origine. «La Gazzetta di Reggio l’acquisto ogni volta che torno a Civago». Quando parla delle sue origini, concede poco ai ricordi ed è comunque proiettato sul presente: «La Reggiana? La seguo, so che è in serie B, tra alti e bassi, mi pare. Il padrone chi è? Amadei? Quello delle caldaie? Anche lui ha costruito qualcosa di importante. Quanti anni ha? Ah...» si lascia andare a un moto di stupore quando gli diciamo l’età del patron granata, rispetto al quale Dorando ha qualche anno in meno. «Di Reggio poi –dice Dorando – conosco di fama anche Fulvio Montipò, l’industriale che ha costruito un impero nel campo della meccanica». E mentre ci saluta chiedendoci di avvisarlo quando uscirà l’articolo, non possiamo fare a meno di pensare a cosa accomuni Dorando a Montipò e Amadei. E il pensiero va all’intuito e alla visione, oltre al culto del lavoro.l

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