Accusato di stalking verso la moglie, assolto perché ha il morbo di Parkinson
Per il giudice hanno ragione le difese quando sostengono che è troppo invalido per aver commesso i comportamenti di cui era accusato
Reggio Emilia Era accusato di aver manomesso i freni dell’auto della moglie e di averla vessata in altri modi, tanto da fare scattare il codice rosso e il divieto di avvicinamento. Tuttavia, è stato assolto: l’imputato ha il morbo di Parkinson e, di conseguenza, la malattia avrebbe determinato una condizione talmente invalidante da non rendere credibile che l’uomo possa aver messo in atto quei comportamenti. Si è conclusa nella tarda mattinata di lunedì l’udienza, celebrata davanti al giudice Luca Ramponi, a carico di un imputato di origine albanese, accusato di stalking verso la moglie.
Un epilogo tra le lacrime di gioia dell’imputato appena assolto e della sorella di lui. Il giudice ha dichiarato l’assoluzione per “non aver commesso il fatto”: l’uomo era accusato di molestie e minacce avvenute in più occasioni, come denunciato dalla moglie. In due circostanze, a carico dell’imputato pendeva anche l’accusa di aver manomesso i freni della macchina della donna. Questo aveva determinato l’obbligo del braccialetto. I fatti si sono svolti nel maggio scorso e la querela è stata sporta dalla moglie in giugno. La donna si presentò con un documento del meccanico che certificava come fosse stato alterato il freno della sua auto. Il fatto era doloso: tre pneumatici erano stati squarciati appena prima che partisse, dal momento che erano ancora gonfi. L’intervento che ha messo in moto le procedure previste dal “codice rosso” scattò tempestivo, di fronte al rischio corso dalla moglie. E scattarono subito le misure del braccialetto elettronico e del divieto di avvicinamento.
Le difese hanno chiesto il rito abbreviato con la richiesta di interrogare il proprio assistito, portando documenti medici che lo riguardano. Gli avvocati dell’imputato, i legali Liborio Cataliotti e Giulio Sica, hanno disposto che il loro assistito venisse in aula per rispondere al giudice e dimostrare come non fosse credibile che, date le precarie condizioni di salute, che avesse commesso il fatto. La moglie diceva di essere stata pedinata, di esserselo trovato davanti sul luogo di lavoro alle 5 del mattino. Tuttavia le difese hanno puntato a dimostrare come non ci fossero le condizioni. Il giudice ha derubricato il fatto e ha deciso l’assoluzione per insufficienza di prove.