Zaynab Dosso: «Le Olimpiadi? Sognavo il lieto fine. Le delusioni esistono: io vado avanti»
La regina dell’atletica racconta la sua carriera senza nascondere le difficoltà
Detentrice di due record italiani, uno nei 60 metri indoor e uno nei 100 metri, la velocista di origini ivoriane Zaynab Dosso, trasferitasi a Rubiera a soli otto anni, non nasconde il dispiacere per avere solo sfiorato la finale alle Olimpiadi. E, dopo Parigi, è tornata a Roma ad allenarsi con il tecnico Giorgio Frinolli. Nella chiacchierata con lei siamo partiti dalla sua passione per l’atletica, più forte delle delusioni.
Come e quando nasce la tua passione per l’atletica leggera?
«Alle scuole medie, quando la mia professoressa di educazione fisica ha insistito per farmi andare al campo di atletica. Da lì pian piano ho iniziato ad innamorarmi».
Allenamenti e gare ti portano in giro non solo per l’Italia ma per il mondo. Hai mantenuto dei buoni rapporti con la città di Rubiera?
«Sì. A Rubiera ci sono la mia famiglia, i miei amici e la mia allenatrice. Per scelte professionali sono andata a Roma ma i rubieresi tifano per me e mi vogliono bene».
Come ci si sente ad essere un’atleta professionista e quali sono le sfide che affronti ogni giorno?
«Fare l’atleta professionista vuol dire mettersi alla prova tutti i giorni, rinunciare a fare quello che i miei amici fanno e soprattutto metterci tanto impegno e sudore. Ho tante soddisfazioni, ma devo affrontare anche delusioni».
A proposito di delusioni, dopo la semifinale Olimpica sui social hai espresso rammarico ma anche tanta gratitudine per il percorso svolto.
«Dopo un inizio di stagione in cui ho fatto e ritoccato più volte il record italiano, speravo in un finale, alle Olimpiadi, diverso. Sapevo sarebbe stato difficile raggiungere una finale Olimpica, ma è stata una grossa delusione non riuscire ad esprimermi almeno sui miei tempi. Non sono riuscita, dopo gli Europei, a recuperare quelle energie necessarie per una bella prestazione».
Come ti prepari mentalmente e fisicamente per appuntamenti speciali come Mondiali ed Olimpiadi?
«Ho un medico che mi aiuta quando ho gare importanti, ma non solo, per evitare che ansia e paura possano rovinare le mie prestazioni. A differenza di prima ora riesco a gestirmi meglio».
Hai la sensazione che le tue medaglie abbiano ispirato molti ragazzi e che ti abbiano preso come esempio cominciando ad amare l’atletica?
«Spero che in qualche modo io possa essere di stimolo ai ragazzi che vogliano fare atletica. È bellissimo quando per strada mi riconoscono e mi chiedono autografi o selfie».
Quali consigli daresti a dei giovani atleti che sognano di diventare professionisti?
«Dico che i sacrifici sono tanti e che a volte penso “Chi me lo ha fatto fare”. Ma poi ripenso a quanto sia bello correre. Ne vale la pena!».
*Studente dell’istituto “Nelson Mandela” di Castelnovo Monti
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