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La sentenza

Violentata e uccisa al parco di Scandiano: assassino condannato in Marocco 19 anni dopo

Ambra Prati
Violentata e uccisa al parco di Scandiano: assassino condannato in Marocco 19 anni dopo

Franca Silvana Ganassi, 60 anni, venne aggredita la notte di San Silvestro nel 2005. La sentenza: 25 anni di reclusione per Mustapha Bouzendar. La sorella: «Rischiava l’ergastolo: non sono tanti»

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Scandiano È stato condannato in primo grado in Marocco a 25 anni di reclusione per omicidio aggravato (due le aggravanti contestate, tentata violenza sessuale e rapina). Parliamo di Mustapha Bouzendar, oggi 48enne, l’assassino di Franca Silvana Ganassi, la volontaria Caritas di 60 anni rapinata della borsetta, violentata e uccisa con undici colpi di spranga alla testa nel delitto di San Silvestro del 2005. La sentenza è stata emessa il 23 settembre scorso, ma è stata notificata martedì alla Procura di Reggio Emilia che aveva trasmesso gli atti per rogatoria.

Ci sono voluti ben diciannove anni per avere giustizia, ma finalmente c’è un colpevole per la morte della donna. «Venticinque anni non mi sembrano mica tanti, visto che quell’uomo rischiava la pena di morte o l’ergastolo», è la prima reazione di Esther Domenica, sorella di Franca Silvana, che ha appreso dalla Gazzetta di Reggio della sentenza. Esther, residente a Masone, ha 81 anni; l’altra sorella Anna, rimasta in via Mazzini a Scandiano, è malata e allettata. «Sapevo del processo in corso, non del verdetto. Io e Anna siamo state avvisate dagli inquirenti quando hanno preso l’assassino, nel maggio 2020: erano venuti i carabinieri a casa, era stato un grande sollievo».

Le reazioni

 L’iter processuale, celebrato in un’altra nazione, fa un effetto diverso. «Siamo anziane e alla nostra età non avremmo potuto partecipare al processo in ogni caso. Vivo da sola, nessuna di noi tre sorelle ha avuto figli, siamo rimaste sole. Posso solo ricordare Franca com’era». Ci sono voluti quasi vent’anni per avere giustizia. «Meno male che un risultato c’è stato. Gli inquirenti hanno fatto di tutto e alla fine ci sono riusciti a dare un volto all’assassino: non posso far altro che esprimere gratitudine per aver risolto il caso». Un giallo senza senso: Franca è stata uccisa da uno sconosciuto per caso, «solo perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato». Esther sente tutto il peso dei due decenni trascorsi. «È passato tanto di quel tempo... Sono rimasta solo io ad andare sulla tomba di Franca, a Rondinara dove siamo nate. Ci vado sempre: ho portato i fiori pochi giorni fa, il primo novembre, nella ricorrenza dei defunti. Continuerò ad andare al cimitero nei pochi anni di vita che mi restano».

L’aggressione

Il 30 dicembre 2005 Franca Silvana Ganassi – pensionata volontaria della Caritas tutta casa e parrocchia, residente in via Mazzini – rientra da una gita in giornata a Brescia. Scesa dal pullman, poco prima delle 20, attraversa a piedi il parco della Resistenza diretta verso casa quando incontra il suo aguzzino, che prova a violentarla, le sottrae la borsetta e poi la colpisce alla testa undici volte con un oggetto contundente mai ritrovato (una spranga o un bastone appuntito) prima di volatilizzarsi. Agonizzante, Franca riesce a trascinarsi fino al cortile dell’abitazione di via Mazzini accanto al palazzo dove viveva: lì il giorno seguente, la mattina del 31 dicembre, il corpo senza vita viene trovato accasciato su un muretto, di fianco all’albero di Natale. La borsa vuota viene ritrovata il 16 gennaio nel terreno vicino a uno scantinato in via Bosco. Un delitto efferato – a scopo di rapina e a sfondo sessuale – che ha scosso la comunità scandianese e che per anni si è rilevato un rebus inestricabilee, anche perché la scienza forense non era quella attuale.

Le indagini

La cronistoria dell’indagine, fatta di false piste e vicoli ciechi, meriterebbe di per sé un libro. Magari «uscito dalla penna di George Simenon», come definì la storia Giancarlo Magalli che nel 2020 ospitò gli investigatori nella trasmissione tv “I fatti vostri” su Rai2. Basti dire che il pm Maria Rita Pantani (che ha ereditato il caso dal pm Luciano Padula), i carabinieri e il magistrato di collegamento a Casablanca Alberto Lanfoldi non hanno mai gettato la spugna. La svolta è arrivata nel maggio 2020 quando, partendo dalle celle telefoniche di persone passate in quella zona quel giorno, la “rosa” dei sospettati si è ristretta ad alcuni nordafricani: è emerso il nome Mustapha, poi identificato in Bouzendar, padre di quattro figli, violento con la moglie, per un anno ospite di una famiglia a Scandiano. l © RIPRODUZIONE RISERVATA