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L’intervista

Red Canzian: «La musica salva: la metterei come materia curricolare obbligatoria fino alla quinta superiore. Ma la trap non la è»

Paola Ducci
Red Canzian: «La musica salva: la metterei come materia curricolare obbligatoria fino alla quinta superiore. Ma la trap non la è»

Lo storico bassista dei Pooh domenica 24 novembre presenta il suo libro a Vignola

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Red Canzian, storico bassista dei Pooh ha scritto un libro. Si intitola: “Centoparole per raccontare una vita”, edito da Sperling&Kupfer. Lo presenterà domenica 24 novembre a Vignola (Modena) presso la Sala dei Contrari stimolato dalle domande del giornalista Pierluigi Senatore di Radio Bruno. L'evento è organizzato da Avis Vignola, Libreria dei Contrari e associazione “Dentro ai libri». «Alla fine di Centoparole vorrei trovarvi un po’ più felici. E se qualcosa nel vostro modo di pensare sarà cambiato, e comincerete a volervi bene, sentendovi unici e liberi, allora questo libro avrà avuto un senso». Così afferma lo storico bassista dei Pooh, che iniziò a suonare la chitarra a tredici anni e a diciotto incise il suo primo disco con il suo gruppo d'esordio, i Capsicum Red. Nel 1973 Canzian entrò a far parte dei Pooh, con i quali, a oggi, ha tenuto più di 3mila concerti in tutto il mondo.

Canzian per lei a Vignola è un ritorno in Emilia.

«Proprio così ed è un felicissimo ritorno. Vignola, ma in generale tutta l’Emilia, sono luoghi che adoro ai quali mi legano ricordi infiniti. Modena, Bologna Parma e Reggio, Ferrara sono le città in cui con i Pooh per anni abbiamo tenuto bellissimi concerti in alcuni dei locali più importanti d’Italia, come il Picchio Rosso a Formigine. Che ricordi incredibili, ancora mi emoziono se ci penso».

Torna in Emilia per presentare un libro. Scrittore, che effetto le fa?

«Un effetto altrettanto emozionante perché sono sempre più convinto che, insieme alla musica, anche le parole hanno il potere di emozionare, aiutarci a crescere, farci soffrire o placare i dolori dell'anima. In ognuna di esse si nasconde un mondo affascinante e complesso, che cambia e si trasforma a seconda del momento e del sentimento che viviamo».

E quali sono le cento parole che ha scelto?

«Quelle che sento più mie, dando a ognuna un'interpretazione del tutto personale e raccontando quali ricordi mi rievocano, quanto hanno influito sulla mia crescita, sul mio modo di essere e di intendere la vita. Questo libro non vuole essere assolutamente una autobiografia, ma in ogni caso è un'occasione per fare un bilancio personale e professionale, in cui provo ad allargare lo sguardo agli eventi che ho vissuto sul palco e fuori, ai valori che mi hanno ispirato, agli affetti nei quali ho trovato rifugio e riparo e ai progetti che ho sempre cercato di coltivare con incessantemente ed instancabile entusiasmo».

Si aspettava un tale successo? Il suo libro ha scalato le classifiche dei best sellers.

«No, non me lo aspettavo per niente. Certo essere tra i più venduti in Italia fa un immenso piacere, ma il mio desiderio con questo libro è soprattutto quello di arrivare al cuore oltre che alla testa dei lettori, per coinvolgerli in riflessioni ed emozioni profonde, attraverso suggestioni che spero inducano a sognare, credere e osare, sempre con passione, per provare a trovare un nuovo significato alla parola domani».

A proposito del domani, lei è preoccupato per il futuro?

«Beh, come si fa a non esserlo. Credo che stiamo vivendo uno dei momenti più brutti dell’umanità. Mi a spaventa questa violenza che dilaga tra i giovani, l’abbandono a se stessi di molti di loro e tutto ciò che ne deriva. Noi adulti dobbiamo assolutamente impegnarci per fare qualcosa per aiutare i nostri ragazzi che, anche per causa nostra, sembrano aver smesso di sognare quando invece ne avrebbero tutto il diritto. Francamente sono senza parole anche per il tipo di musica che la maggior parte di loro ascolta: la trap non è musica. La musica, di qualsiasi tipo ha delle regole ben precise».

Lei spesso incontra i giovani nelle scuole. Che messaggio le piace lasciare?

«Un messaggio sempre positivo sull'esistenza e su di loro. Parlo dell'importanza della musica perché credo profondamente nel suo grande valore educativo. La musica ti obbliga a mantenere un tempo, un ritmo, la musica è rigore, disciplina ma è anche creatività e così è la vita. La musica salva: personalmente la metterei come materia curricolare obbligatoria fino alla quinta superiore. Stiamo vivendo un momento brutto dell’umanità, in cui la famiglia è in crisi e spesso i ragazzi si sentono profondamente soli rifugiandosi di conseguenza nei loro smartphone. Quando li incontro provo ad essere empatico: li ascolto e rispondo alle loro mille domande e curiosità sulla mia vita e sulla mia carriera. Quando mi sento in grado poi, provo anche ad offrire loro qualche consiglio».

Lei cosa direbbe ad un giovane che vuole intraprendere la carriera di musicista?

«Consiglierei di studiare per capire esattamente cosa sia la musica, nei suoi vari generi. La musica è fatta da armonia e melodia e segue regole precise che vanno sapute. La musica non è un loop ripetuto come spesso mi capita di sentire in merito alla musica contemporanea come la trap o certi tipi di rap, la musica si compone di canoni ben precisi, solo se la conosci puoi prenderti la libertà di essere creativo con essa».