«Mio marito cerca di uccidermi per poter sposare un’altra donna»
La donna salvata grazie a polizia, servizi sociali e Procura dopo l’allarme in Pakistan Con tre figli, per anni è stata prigioniera prima di riuscire a ribellarsi e tornare in Italia
Reggio Emilia «Mi trovo in Pakistan, sono una donna che ha bisogno di aiuto. Mio marito e mio fratello provano a uccidere me e i miei figli... Per favore, fai qualcosa presto». Questa è stata la telefonata disperata ricevuta da una poliziotta della questura di Reggio. Dall’altra parte del filo, una donna che temeva per la propria vita: il marito di 42 anni voleva sposare un’altra donna, ma lei si rifiutava di dare l’assenso necessario per la seconda moglie e aveva invece “osato” chiedere il divorzio. Da qui, botte, frustate sulla schiena, tentativi di strangolamento e soffocamento da parte del coniuge, supportato dai parenti di lei, che non accettavano il disonore di un divorzio. Emergono nuovi dettagli sulla storia drammatica di cui abbiamo scritto nei giorni scorsi.
Grazie a un’operazione di cooperazione internazionale, la donna e i tre figli sono riusciti a tornare in Italia nonostante i passaporti requisiti dal padre padrone, e ora si trovano in una comunità protetta in un’altra regione. Il 42enne, invece, arrestato per maltrattamenti in famiglia aggravati all’aeroporto di Bergamo, è stato liberato con braccialetto elettronico dal gip Silvia Guareschi: ha il divieto di avvicinamento alla moglie e ai figli e il divieto di comunicare in qualsiasi modo con loro. Sono tante, troppe, le similitudini con il caso di Saman Abbas, la 18enne pakistana uccisa dai genitori e uno zio a Novellara perché si ribellava a chi voleva controllare la sua esistenza.
Ma torniamo a quella telefonata, ricevuta il 23 agosto alle 13.15 dalla poliziotta. La moglie aveva contattato prima il Comune di Reggio, che ha passato la chiamata in questura. La poliziotta ha chiesto alla signora di inviare via WhatsApp delle foto: scatti da brividi, in cui si vedeva la schiena della donna martoriata da frustate o cinghiate. Su richiesta del pm Maria Rita Pantani, la Squadra Mobile ha fatto una videochiamata alla donna, che ha confermato le violenze. Ha aggiunto che in Pakistan si era rivolta alla polizia, ma il risultato è stato essere picchiata dai familiari, venuti a conoscenza della denuncia presentata contro il coniuge, poi rilasciato su cauzione.
Nel frattempo, sono stati svolti accertamenti, sentendo anche le insegnanti dei figli (tutti ancora minorenni), che avevano frequentato le scuole elementari in città, dove la famiglia ha abitato per anni. Il marito era un ambulante del mercato settimanale. Eppure, rifiutava di pagare la mensa scolastica o le gite dei figli, costringendo la moglie ad adeguarsi. Dettava legge, il 42enne, che usava spesso la cintura per percuotere la donna, la offendeva, ma soprattutto la chiudeva in casa, le negava il denaro e si appropriava del suo cellulare. In un’occasione, l’ha percossa perché lei insisteva per lasciar andare il figlio in gita: «Se succede qualcosa al bimbo, ti ammazzo». L’unica minaccia fatta in Italia, precisa lei. La famiglia faceva frequenti viaggi in Pakistan, finché nel novembre 2023 lui ha deciso di tornare definitivamente in patria. In aeroporto ad Abu Dhabi, dove hanno fatto scalo, la moglie ha compreso il motivo: lui voleva sposare un’altra donna. Per farlo, doveva ottenere il consenso della prima moglie, che si è rifiutata e ha invece chiesto il divorzio. Così, dal dicembre 2023, è iniziata l’escalation di violenza: aggressioni brutali e tentativi di soffocamento con il cuscino.
«Due volte mi ha messo il cuscino sulla faccia e si è seduto sopra». In casa c’era un clima di terrore, come confermato dal figlio maggiore di 13 anni (a sua volta picchiato quando interveniva in difesa della mamma): «Lui chiudeva la porta della nostra camera... vedevo la mamma che piangeva e io andavo da lei e dicevo di non pensarci e che le cose sarebbero migliorate». Nell’estate scorsa, la donna si è trasferita a casa dei genitori, ma anche lì ha temuto di essere uccisa dal marito (che è anche suo cugino) e da tutti i suoi familiari a causa «della loro mentalità» e del «disonore» di un divorzio. Grazie all’attivazione dell’Interpol e dell’Ambasciata Italiana in Pakistan, la donna è riuscita a recuperare i documenti e a rientrare nel nostro Paese. Ma la paura non è finita: il marito, con cittadinanza italiana, avrebbe potuto ritrovarla, tant’è che ha provato a farsi dire dove fosse dai parenti. Invece, quando è atterrato a Orio al Serio, il 42enne ha trovato i poliziotti ad attenderlo.l
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