«Il cavallo mi ha insegnato ad andare oltre i limiti, anche del pregiudizio»
Enea Ferroni, affetto da tetraparesi spastica dalla nascita, racconta la sua storia in un libro: «Sono nato così e per me questa è la mia normalità»
Guastalla “A cavallo dei limiti”, è questo il titolo del libro di Enea Ferroni, edito da Erickson, che parla della sua storia in sella al fedele amico a quattro zampe Apache. Enea è un 34enne di Guastalla, nato con una tetraparesi spastica. Muove pochissimo mani e braccia e per nulla le gambe. Il suo cervello, invece, è perfettamente funzionante. «Sono dotato di parola e riesco quindi a farmi comprendere nella quotidianità, ed è importantissimo per me». La sua determinazione, l’amore per i cavalli e la voglia d’indipendenza lo hanno portato a sviluppare una prima sella “artigianale”, ideata da un gruppo di amici e poi un prototipo ingegneristico certificato messo a punto dal Centro protesi Inail di Budrio insieme alla Federazioni italiana sport equestri che gli sta permettendo di partecipare a manifestazioni, nella speranza un giorno di poterlo fare a livello agonistico. In molti lo seguono su Facebook e Instagram, dove si chiama “Ranch Enea Stallone Ferroni”. In parallelo il guastallese si è tolto grandi soddisfazioni anche fra i banchi delle aule universitarie. «Avevo iniziato Scienze della Comunicazione, ma non mi piaceva. Volevo studiare per lavorare con gli animali che sono la mia passione, così mi sono iscritto a Scienze Zootecniche e delle Riproduzioni Animali a Parma. Il conseguimento della laurea è stato il primo obiettivo raggiunto da solo». Lo abbiamo incontrato nella sua casa vicino al centro di Guastalla che ha come peculiarità quella di avere in giardino non fiori e aiuole, ma un piccolo maneggio con il suo cavallo Apache e un asino chiamato Jack.
Enea, perché ha scritto questo libro?
«Parla della mia storia, è il mio biglietto da visita per farmi conoscere da tutto il mondo, spero. Sono molto ambizioso».
Cosa vuole trasmettere a chi lo legge?
«Non voglio essere un maestro. Nel mio libro mi sono messo a nudo e sento che dopo averlo pubblicato chi lo ha letto ha cambiato atteggiamento verso di me trattandomi come una persona e meno come un disabile. Spero che i ragazzi come me trovino in queste pagine la forza per poter raggiungere i loro obiettivi».
Ci parli del titolo, “A cavallo dei limiti”, perché?
«Il cavallo è stato il mezzo che mi ha permesso di vedere i limiti, di accettarli e poi di affrontarli. Per limiti intendo quelli legati al pregiudizio, quelli mentali, quelli fisici. Ora cavalco i limiti. È un luogo comune associare la disabilità all’incapacità, al dolore e all’infelicità. Io invece mi sento normale, sono nato così e per me questa è la mia normalità».
Qual è il segreto della sua determinazione?
«Sono buddista da quando ho 18 anni e questo mi ha permesso di capire che io posso fare le cose da solo. Io so che ho più difficoltà di chi può camminare e muovere le braccia, ma so che ogni obiettivo che mi pongo posso raggiungerlo. Mi ha permesso di mettermi in discussione con me stesso e capire le mie potenzialità. Per me la fede è molto importante, ho dedicato un capitolo del libro a questo, tanti successi vengono proprio dal buddismo».
Cosa prova quando va a cavallo?
«Andare a cavallo per me è come volare, monto tutti i giorni un’ora e in quel momento mi sento libero. Cavalcare mi ha permesso di camminare e di diventare un tutt’uno con l’animale, siamo io e lui da soli. Quando mi chiedono se ho paura a cavalcare rispondo di “no”, ma riconosco che la paura aiuta a ragionare e fare nuove cose. Non è un limite».
Come è nato il progetto della sella?
«È nato con la collaborazione del team dello Zoo Ranch di Brescello che mi ha messo in grado di guidare il cavallo da solo costruendomi una sella artigianale dotata di schienale. Probabilmente sono l’unico in Italia che cavalca autonomamente con la mia patologia. Non mi fermo davanti a nulla, così mi sono messo in testa di fare le gare. La vecchia sella non mi permetteva di competere, così con un accordo fra Fise e Inail è stato fatto un prototipo con schienale da poter utilizzare durante le manifestazioni sportive. Sono riuscito ad ottenere una categoria chiamata Promo, ma non è ancora agonistica. Spero di trovare altri ragazzi con la mia stessa patologia che possano aiutarmi a far riconoscere il nostro ausilio per le gare. Io sono un pioniere, non posso mollare dopo essermi aperto questa porta con tanta fatica».
La disabilità può essere un punto di forza?
«Dopo tanti anni posso dire di sì. Ho capito che grazie alla mia disabilità ho fatto un cammino straordinario, io sono normodotato così come sono, sono nato così. L’ambiente si è dovuto adattare a me, non io a lui. Non voglio essere “bollato”, ma vorrei essere trattato come una persona, visto che riesco a parlare e ragionare. Ho la possibilità di dire la mia opinione».
Oltre a gareggiare, ha un altro sogno nel cassetto?
«Vorrei aprire un maneggio completamento automatizzato: è stato il tema della mia tesi di laurea». © RIPRODUZIONE RISERVATA