Non potevano utilizzare il marchio Cannavacciuolo: ristoratori condannati
Lo ha deciso il tribunale di Ravenna. I due coniugi oggi gestiscono un locale a Reggio Emilia
Reggio Emilia Una condanna a quattro mesi con 3.000 euro di multa ciascuno. È la condanna stabilita dal Tribunale di Ravenna per due coniugi di origine cubana, di 34 e 52 anni, imputati in concorso per l’uso del marchio registrato dello chef napoletano Antonino Cannavacciuolo. Nello stesso processo era imputato anche un 65enne bresciano assolto «per non avere commesso il fatto»: con i due cubani, amministrava la società di Brescia che si era occupata della gestione del locale al centro dei fatti: il ristorante-pizzeria “Saporetti” di Marina di Ravenna. I due coniugi, la cui difesa (avvocato Massimo Pleiadi) ha già annunciato appello, ora gestiscono un locale a Reggio Emilia.
La vicenda risale al periodo fra settembre e dicembre 2019. In passato il locale romagnolo che portava quel nome era stato un punto di riferimento assoluto per Ravenna, tanto da essere frequentato anche dall’imprenditore Raul Gardini. Dopo avere saputo da una ammiratrice via Facebook che esisteva un menù con il suo nome accostato alla riapertura del locale e che il tutto era stato persino pubblicizzato con un camion vela con la sua foto, Cannavacciuolo aveva prima fatto chiamare Saporetti dalla segretaria che si era finta cliente. Poi aveva fatto denuncia ai carabinieri della stazione di Orta San Giulio (Novara). Tutto ripetuto il 9 ottobre in Tribunale a Ravenna quando lo chef aveva ribadito che il marchio «è registrato nel 2017 e non ne ho mai concesso l’utilizzo» aggiungendo di avere conosciuto la ragazza di origine cubana: «Con lei feci una puntata di Cucine da incubo» nel 2016 in quel di Mantova, «ma non poteva usare la mia immagine se non in quel contesto».
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