Gazzetta di Reggio

Reggio

Il racconto shock

«Mi ha punto con la siringa dentro il bar e ho contratto l’epatite C»

Ambra Prati
«Mi ha punto con la siringa dentro il bar e ho contratto l’epatite C»

Reggio Emilia, la testimonianza di Marianna Campani che nel 2020 è stata aggredita all’interno del bar che gestiva da un drogato. La sua storia nel podcast di Carlo Lucarelli

4 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Punta da una siringa infetta durante una rapina al bar, ha contratto l’epatite C.

È dedicata alla reggiana Marianna Campani, 70enne oggi pensionata e sopravvissuta a una vicenda di cronaca nera, il podcast “A fari spenti”, la mini serie in quattro episodi che Carlo Lucarelli, giallista, scrittore nonché presidente della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime di reato, dà voce alle persone che hanno ricevuto il sostegno dell’ente. «Ente che non smetterò mai di ringraziare – dice Marianna dalla sua abitazione alla Gazzetta di Reggio – Nella Fondazione ho trovato persone squisite: le uniche che, al di là del sostegno economico, mi hanno dato un supporto morale, importantissimo nei momenti bui».

È il 30 ottobre 2020, tempo di lockdown: i ristoranti chiudono alle 18, i pochi cittadini che circolano indossano la mascherina. Marianna Campani gestisce il bar “Art & Caffè” in via della Veza, a due passi da piazza Vallisneri e vicino al liceo artistico Chierici. «Un bar d’altri tempi: le pareti tutte piene di quadri, pupazzi e fiori – racconta la reggiana – Con la gente si parlava e si discuteva di tutto, ero riuscita a creare un punto di incontro, un gruppo di persone che per me era come una famiglia allargata». Sono le 15 del pomeriggio quando un ragazzo entra nel bar: è l’unico cliente. Vuole l’incasso. «Io dico no. Non ho pensato, non ho ragionato, ho reagito d’istinto: non mi alzo alle 5 del mattino per regalare i soldi».

«Sono un drogato, se non mi dai i soldi io ti pungo», è la minaccia del bandito. «Mi ha intrappolato dietro il bancone, non avevo via d’uscita – prosegue il racconto – Con il senno di poi avrei agito diversamente. Ma in quel momento ho preso una scopa, mi sono allontanata, e ho chiesto aiuto urlando dalla finestra aperta».

Proprio la reazione ha impaurito il giovane rapinatore, che ha estratto dalla tasca la siringa, iniziando a urlare di essere sieropositivo e minacciando di pungerla se non gli avesse consegnato i soldi. Quando capisce che la minaccia non fa effetto, le vola addosso. «Lui si avvicina e mi punge al polso. In quell’istante davanti all’ingresso si ferma una coppia: il rapinatore esce di corsa. Mi chiudo dentro, chiamo la questura che è poco distante e descrivo gli abiti e il cappellino in testa. Lo prendono subito». Con un rammarico: «Nessuno è intervenuto o ha chiamato le forze dell’ordine».

Il bandito viene bloccato dalla polizia poco distante, in via Pansa, con ancora in tasca la siringa che aveva usato per farsi un’iniezione. In seguito, davanti al giudice, il 29enne (che ammette la rapina, ma non la puntura) dirà che voleva a tutti costi venti euro per poter comprare la droga, ma davanti al coraggio della barista aveva perso la testa. Per Marianna, intanto, c’è un’urgenza: bisogna correre in ospedale.

«A parte la paura, dal Pronto Soccorso mi mandano nel reparto Infettivi dove il medico mi prescrive una terapia d’urto di trenta giorni – racconta Mariana – Non so se è la terapia, ma sento tanta stanchezza e faccio fatica a prendere i farmaci». È la profilassi contro l’Hiv. Il 30 dicembre Marianna riceve l’esito degli esami: positiva all’epatite C. «Il 20 gennaio, dopo essere caduta dalle scale, vengo ricoverata: faccio fatica a respirare, non ho forze, tanti sintomi tutti in una volta».

Dialisi, trasfusioni, terapia intensiva: la salute di Marianna è sfilata via, compromessa. «Sono stata un mese ferma in un letto senza muovermi, senza riuscire a bere né mangiare, alimentata da un tubicino, sola con i macchinari e il pensiero fisso di come sia potuto succedere. Io che non avevo paura di niente, ora per strada quando sento il rumore di passi mi è rimasto questo terrore: non mi fido più, la sera non esco più». Per i danni subiti il giudice riconosce a Marianna 10mila euro, ma quei soldi non li vedrà mai: il responsabile è nullatenente. «Il sindaco di Scandiano Matteo Nasciuti, è primo operatore a Lo Stradello: mi conosce. Mi chiama e mi dice che la Fondazione vittime di reato dell’Emilia-Romagna, tramite il Comune di Scandiano, riconosce l’istanza per un sostegno immediato per le cure mediche, che sono state lunghe impegnative».

Marianna non ha più potuto lavorare e ha chiuso il bar. «La giornata è lunga, dopo 48 anni a contatto con le persone in casa mi annoio, mi manca il contatto umano. Per anni mi sono alzata alle 5 maledicendo la sveglia: ora che potrei stare a letto mi sveglio di notte».

Cosa si aspetta dal futuro? «Mi aspetto di vivere giorno per giorno. Sono del segno del Toro: molto pratica». La pensionata ora sta meglio cura il giardino e ogni tanto fa volontariato prendendosi cura dei disabili come suo figlio. Come dice lei stessa «se siamo qui a raccontarla, male non è andata». l © RIPRODUZIONE RISERVATA