«I lupi dal Crinale sono scesi fino alla pianura, ma hanno paura dell’uomo»
Luigi Molinari del Wolf Appennine Center racconta il predatore così affascinante, ma al centro di tanti pregiudizi
La Commissione permanente della Convenzione di Berna ha declassata il lupo da «specie particolarmente protetta» a «specie protetta». Una novità nei confronti della quale esprime soddisfazione Confagricoltura. A suo parere questo predatore si è eccessivamente moltiplicato, provocando gravi danni agli allevatori di pecore e capre. Mentre al contrario il Wwf e le altre associazioni ambientaliste e animaliste si oppongono, ritenendo che la futura possibilità di abbatterne un certo numero non serva a proteggere gli animali domestici. Ne parliamo con Luigi Molinari, tecnico faunistico del Wolf Appennine Center, che da vent’anni cura il monitoraggio dei lupi per conto del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano ed ha una convenzione con la Regione Emilia Romagna per quanto concerne la comunicazione.
Quanti sono i lupi sulle nostre montagne?
«Non è mai stato fatto un censimento, che sarebbe molto impegnativo e costoso. Non ci sono dati e neanche stime, se non per il numero complessivo di 3.500 esemplari presenti in Italia».
Allora come effettuate il monitoraggio per conto del Parco?
«Tramite analisi genetiche dei campioni fecali e il progetto europeo di catture con il radiocollare. In questi anni ne abbiamo fatte una trentina. Attualmente sono due i lupi che controlliamo in questo modo. Entrambi sono maschi e sono stanziati nel comune di Ventasso».
Come si comportano questi animali?
«Vivono in branchi, cioè in gruppi familiari, ognuno dei quali occupa stabilmente un'area di 80-100 chilometri quadrati. I giovani maschi se ne allontanano anche di mille chilometri, a volte, allo scopo di cercare un territorio libero e formarvi una propria famiglia».
I lupi non sono stati avvistati anche nei pressi della città?
«Dall’Appennino reggiano e parmense, dove sono presenti ovunque e possono predare anche caprioli e cinghiali, si sono spostati nel resto delle due province. In pianura trovano da mangiare, oltre alle lepri ed ai fagiani, una grande quantità di nutrie, la cui proliferazione viene considerata dannosa».
Il lupo può essere pericoloso per l'uomo?
«Sarebbe capace di uccidere anche un adulto, ma come tutti i selvatici teme la specie umana».
Perché si manifestano una paura atavica e tanta ostilità nei suoi confronti?
«Rimane un pregiudizio. Una volta faceva strage di ovini, ma ormai i pastori sono pochissimi. Ne sono rimasti due a Valbona di Ventasso. Capita peraltro che aggredisca qualche cane domestico o ammazzi delle galline».
Quanto a lungo può vivere un lupo?
«In natura fino a 14 anni. Tuttavia quelli che troviamo morti difficilmente superano i cinque o sei anni d'età. Ogni anno ne muoiono circa trenta fra le province di Reggio e Parma. Tanti sono vittime di investimenti stradali, ma anche di bracconaggio».
Eppure non si tratta di una specie tutelata?
«È ancora particolarmente protetta, essendo sottoposta al regime di tutela imposto dalla legge 157 del 1992, che riguarda anche animali come l'orso, la martora e la lince. La nuova direttiva europea che dovrà essere recepita dalla legge nazionale e da quella regionale. Intanto rimarrà in vigore la normativa attuale. In un futuro potrebbe essere più semplice effettuare legalmente abbattimenti in termini di normativa e burocrazia, ma bisogna vedere».l © RIPRODUZIONE RISERVATA