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L’intervista

La nuova vita del Razzo che oggi compie 40 anni: «Fare l’allenatore? Non è il momento L’acetaia un sogno che si è avverato»

Giuseppe Galli
La nuova vita del Razzo che oggi compie 40 anni: «Fare l’allenatore? Non è il momento L’acetaia un sogno che si è avverato»

Giuliano Razzoli, campione olimpico di sci, si racconta nel giorno del suo compleanno

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Non sciava da più di nove mesi – dal 3 marzo scorso ad Aspen, quando ha disputato l’ultima gara della sua trentennale carriera –, ma quando è arrivato con gli sci ai piedi sul canalone Miramonti, sulla mitica 3Tre di Madonna di Campiglio, in occasione della presentazione dello slalom di Coppa del Mondo che si correrà in notturna l’8 gennaio prossimo, era come se non se li fosse mai tolti. Da campione e agonista qual è, l’olimpionico di Villa Minozzo Giuliano Razzoli, che proprio oggi compie 40 anni (35 dei quali passati sulle piste da sci), ha sentito dentro di sè il fuoco delle notti migliori, come quella volta a Vancouver, quando nel 2010 vinse l’oro olimpico di slalom: «Sono andato alla partenza e mi sembrava che fosse passato un secondo dall’ultima gara della carriera. La nostalgia ci sta, soprattutto quando ti trovi su una pista come quella».  

Da quel giorno ad Aspen, Razzoli non aveva più sciato. Poi, tre settimane dopo, è nato il piccolo Emanuele, che ha subito cambiato la vita a Giuliano e alla moglie Elisa Bonini.

«Vederlo nascere e crescere, giorno dopo giorno, è un’emozione incredibile – racconta Giuliano – . Emanuele ha cambiato la nostra vita e ora tutte le attenzioni sono rivolte a lui e la nostra casa è ormai piena delle sue cose».

Nemmeno una parete per i suoi trofei? Per quella medaglia d’oro vinta a Vancouver?

«Se devo essere sincero, molti dei trofei vinti in trent’anni di gare (ho cominciato a sciare che avevo quattro anni e a gareggiare da nove), sono in solaio. Sono tutti dai miei genitori. A casa mia praticamente non ce ne sono: ci sono tante cose del bimbo, per me qui non c’è posto...», ride Giuliano.

Dalla neve di Campiglio a quella che, grazie alle nevicate dell’8 dicembre scorso, ricopre l’Appennino, dove le stazioni sciistiche di Ventasso, Febbio e Cerreto Laghi sono pronte ad accogliere i turisti.

«L’Appennino reggiano è bellissimo sempre, fidatevi di me che ci sono nato e cresciuto. Ma devo ammettere che, con la neve, è fantastico: le nostre montagne, imbiancate, scaldano il cuore. È vero che ci sono tante attrazioni e che l’Appennino va sfruttato nei dodici mesi, ma la neve è un bell’aiuto, soprattutto a inizio stagione. Speriamo che duri. Se si riuscisse a sciare per tutte le festività natalizie sarebbe molto importante».

Da quando ha smesso di sciare, è spesso a eventi, inaugurazioni e cerimonie. Non riesce a dire mai di no?

«Prima, quando mi allenavo ed ero impegnato con le gare, ho dovuto dirne tanti, troppi, di no. Così oggi, quando è possibile e mi chiamano, cerco sempre di dare una mano, di essere presente, sia come sportivo sia come presidente del Consorzio di tutela dell’aceto balsamico di Reggio Emilia Dop. Lo faccio per gli amici e per il nostro territorio, che ha bisogno di iniziative che lo tengano vivo».

Gli sci, quindi, restano appesi al chiodo... Ha mai pensato di fare l’allenatore?

«Credo che non sia ancora il momento. Fare l’allenatore è un impegno importante e si è sempre via, come quando si è un atleta. Ho appena smesso e in questo momento le priorità sono altre».

Come la sua acetaia, nella vecchia casa di Razzolo...

«Quello è un sogno che si è avverato. È qui, nella vecchia casa in pietra, che mio nonno realizzò la prima batteria di aceto balsamico. Oggi produciamo un aceto balsamico tradizionale prelevato da 56 batterie certificate, da cui, ogni anno, vengono estratte poche decine di litri, per mantenerne e preservarne l’eccellenza qualitativa. Siamo piccolini ma va bene: facciamo visite su appuntamento, mentre in estate la zona è più frequentata e arriva gente da ogni parte, anche se siamo un po’ fuori zona».

E poi c’è l’impegno con il Consorzio, di cui è presidente, almeno fino al 2026.

«Al momento, quella dell’aceto balsamico tradizionale, è l’unica Dop esclusiva di Reggio Emilia, con una tradizione millenaria. Abbiamo 60 associati, ovviamente tutti reggiani, che producono un aceto balsamico di altissima qualità. Ma bisogna promuoverlo e farlo conoscere in tutto il mondo e le iniziative, in questo senso, non mancano». l © RIPRODUZIONE RISERVATA