Vigilia e Natale a Reggio Emilia: la tradizione tra baccalà e cappelletti in brodo
Ecco come si mangia per le feste: un menù che ha radici lontane
Reggio Emilia Tempo di sapori forti, di tradizioni antiche, di prodotti dell’autunno. Il Natale in terra emiliana, e reggiana in particolare, vive di una serie di usanze radicate e insieme variegate, che mettono insieme radici lontane.
I cappelletti
I cappelletti in brodo sono immancabili in buon parte delle tavole, quelli nessuno li discute, e soprattutto nelle zone rurali rimane forte l’abitudine di prepararli a mano e in gruppo: le resdore si ritrovano man mano nelle sale e nelle cucine di amiche e parenti per lavorare insieme e confezionare chili di cappelletti, in un vivace giro che unisce la gastronomia alla socialità. Un tempo, ci si radunava nelle stalle, unico luogo caldo, adesso in ambienti più igienici, ma lo spirito rimane quello. I cappelletti anche e il brodo di carne, cappone incluso, non deve mancare.
Dolci di castagne
In Appennino, un altro grande classico sono i dolci a base di castagne. I tortellini di Natale, fritti o al forno, vedono un pesto in cui si uniscono farina di castagne e il savurett, la tipica confettura autunnale, e non mancano le torte con impasto di castagne o il castagnaccio. Non natalizia ma invernale è poi la polenta di castagne, accompagnata da salsiccia, costine e ricotta.
Pesce della Vigilia
In tante case della zona, poi, si presta particolare attenzione alla vigilia. Un tempo era giorno di magro, e la necessità di rispettare l’imposizione religiosa e di usare le risorse disponibili ha stimolato la fantasia di chi lavorava in cucina. Si punta principalmente sul pesce, quindi, sia usando ricette moderne e pesce di mare fresco sia richiamando anche qui il passato. Il baccalà oggi è rivalutato e apprezzato ovunque, un tempo merluzzo e stoccafisso erano pesci poveri e capaci di conservarsi a lungo, ideali per inverni infiniti. Le frittelle e l’insalata, unite alle patate lesse, sono sempre di attualità, il 24 dicembre in tante tavole d’Appennino ricompare anche l’umido di baccalà e funghi, ingegnosa trovata per mettere insieme il magro e un contorno che in campagna era sempre presente, e non richiedeva grandi spese, solo la volontà di girare per i boschi. Anche questo era Natale, lontano dalle luci di oggi, e lo è ancora.
Zamponi e cotechini
Nelle vecchie abitazioni con camini e cucine economiche a legna, Natale era anche il periodo di zamponi e cotechini, accompagnati da purè, fagioli o lenticchie. E si mangiavano non solo al vapore, ma anche al forno. Il calore delle stufe in ghisa faceva sciogliere buona parte del grasso e il cotechino, asciugato e croccante, diventava ancora più saporito. Per chi non ha paura di nulla, sotto le feste diverse macellerie preparano anche il cotecone, cotechino farcito con giri di cotiche e lardo all’interno. Difficile trovare una dieta che lo consigli, altrettanto complesso negarne il robusto fascino.l © RIPRODUZIONE RISERVATA