Gazzetta di Reggio

Reggio

Sanità

Ausl di Reggio Emilia, tempi lunghi per il dopo-Marchesi: quello che sappiamo

Massimo Sesena
Ausl di Reggio Emilia, tempi lunghi per il dopo-Marchesi: quello che sappiamo

La seconda riapertura in due mesi del bando regionale porterà probabilmente a una proroga dell’attuale Dg. Sullo sfondo il nodo Scandiano

5 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Si allungano i tempi per il cambio ai vertici della sanità provinciale. E Cristina Marchesi, che doveva lasciare la direzione generale dell’Ausl di Reggio a fine gennaio per godersi il meritato pensionamento,dovrà probabilmente restare in sella fino a marzo. Il motivo è da ricercarsi in una mossa della nuova giunta regionale che ha spiazzato un po’ tutti e non soltanto a Reggio, ma anche nelle altre realtà che da qui a qualche settimana saranno inevitabilmente toccate dal valzer dei direttori generali. Con la delibera del 10 dicembre scorso, infatti, la giunta regionale ha deciso di riaprire i termini per accogliere nuove candidature nell’elenco regionale degli idonei a ricoprire l’incarico di direttore generale.

Mossa a sorpresa
Una mossa inattesa, si è detto, anche soltanto per il fatto che il bando regionale era stato riaperto soltanto due mesi prima. In quell’elenco ci sono 88 nomi di papabili direttori generali, ma evidentemente, per il presidente regionale Michele De Pascale e per l’assessore regionale alla sanità Massimo Fabi, quei nomi non bastano. Da qui la decisione di riaprire il bando, a cui potranno accedere però soltanto coloro che sono già iscritti all’elenco nazionale. Tutto questo mentre il mondo va avanti, i problemi non si risolvono da soli e la politica locale si sta già cimentando in quelle partite dal sapore un po’ antico, da metà anni 90 quando i sindaci di allora avevano tutti la pretesa di incidere su scelte che se fossero dipese soltanto dalla politica magari non avrebbero mantenuto in sicurezza il sistema. In quegli anni, per fortuna, la sanità regionale era governata da assessori capaci di una visione d’insieme, sufficientemente sordi alle piccole rivendicazioni di campanile e capaci invece di guardare lontano, per il bene collettivo. Sarà così anche adesso? Il presidente De Pascale sarà capace di tenere nella giusta considerazione le rivendicazioni dei territori, tenendo sempre l’interesse generale davanti a tutto? Oppure dovremo assistere a un poco edificante balletto come quello andato in scena a proposito della chiusura dei punti nascita in montagna? A differenza delle nomine dei direttori generali, la risposta a queste domande potrebbe non tardare troppo.

Le pulsioni scandianesi

E’ un paradosso: da un lato si lavora a pianificare la sanità del futuro, dall’altro, sul versante della politica locale c’è chi invoca una non abbastanza chiara discontinuità con il passato. È un fiume carsico che non ne vuol sapere di emergere, ma restando sotto la superficie manda messaggi, utilizza i media per dire, appunto, che c’è chi invoca discontinuità rispetto alla gestione Marchesi, andando anche oltre, fino a ipotizzare la fine della dinastia reggiana dei direttori generali. Il motivo di tanta determinazione? Difficile da decifrare, se non con le tensioni che ci sarebbero state, ad esempio, tra la direzione generale e una parte del territorio reggiano. Una parte ben delimitata che ha il proprio epicentro a Scandiano. È probabilmente in quella zona che Cristina Marchesi sconta il minor numero di estimatori. E, a detta di coloro che da quelle parti invocano una inversione di rotta cosa ci sarebbe? Su cosa poggerebbe l’avversione alle politiche messe in atto in questi anni dalla dirigenza dell’Ausl? C’è chi dice che tutto ruoti attorno al mancato riconoscimento dell’ospedale Magati che però paga la vicinanza agli ospedali modenesi e che proprio a causa di questa concorrenza può vantare numeri decisamente inferiori a quelle che sarebbero le aspettative locali. In particolare, tutta la polemica che nei mesi scorsi ha viaggiato sull’asse Reggio-Scandiano ha riguardato il futuro dell’ospedale scandianese che negli anni si è trasformato da ospedale di zona a presidio ospedaliero sempre più legato al Santa Maria Nuova che, ad esempio, ha trasferito lì buona parte della lungodegenza e altre attività di day hospital e day surgery. A tutto questo si sono poi sommate le polemiche attorno alla nascita del Centro assistenza e urgenza di Scandiano. In una levata di scudi bipartisan, tutta la politica scandianese ha visto in questa apertura del Cau la pietra tombale sul pronto soccorso del Magati che oggi è comunque attivo, poggiando sul lavoro di medici a gettone e dividendosi gli orari con il Cau. Una trasformazione già in uno stadio molto avanzato, a cui però ora la politica locale sembra volersi opporre. Magari puntando su un nuovo direttore generale che però sarebbe in qualche modo costretto a innestare la retromarcia. Sulla base di cosa? Difficile possa essere sulla base di numeri: come ospedale del territorio, il Magati risente della presenza attorno a sè di almeno tre ospedali sul versante modenese (Sassuolo, Baggiovara e il Policlinico) senza contare il già citato Santa Maria Nuova a meno di 14 chilometri di distanza.

Il ruolo di Massari

Impossibile non rimanere suggestionati da qualcosa di già visto, una sorta di deja-vù che va indietro nel tempo, a metà degli anni 90, all’epoca dei primi tentativi di rendere sostenibile un servizio sanitario pubblico sempre più capillare e di qualità. Tentativi che la regione Emilia Romagna portò a compimento con successo. Al netto delle suggestioni è indubbio che il sistema sanitario pubblico sia chiamato nei prossimi anni a scelte radicali. Anche e soprattutto sui nostri territori. Si pensi soltanto alla ridefinizione dei servizi sul territorio. Su un’altra posizione, decisamente più di equilibrio è per ora (non) schierato il sindaco di Reggio, Marco Massari che di mestiere ha fatto il medico e il primario ospedaliero fino a pochi mesi fa e conosce le dinamiche di questi movimenti della politica. Sarà sicuramente il suo – tra quelli degli amministratori reggiani – il parere più ascoltato dal duo De Pascale-Fabi, prima di “battezzare” il nome del successore di Cristina Marchesi. l © RIPRODUZIONE RISERVATA