Colf e badanti in nero: il 10% viene assunto in modo irregolare
Le famiglie spendono in tutto 13 miliardi di euro di cui 5,4, sono per la parte non in regola
«Il lavoro domestico in Italia sembra rientrato in una dimensione più stabile e coinvolge oltre 3, 3 milioni di soggetti». È quanto emerge dal sesto rapporto annuale sul lavoro domestico a cura dell’osservatorio Domina. Oltre all’analisi dei dati, il rapporto «offre piste di riflessione sull’importanza crescente del settore e sulla necessità di garantire un maggiore sostegno alle famiglie italiane nella gestione della cura e dell’assistenza», si legge in una nota. «Un alto tasso di irregolarità. Nonostante una diminuzione negli ultimi anni, conseguenza anche delle iniziative di informazione e sensibilizzazione condotte da istituzioni e parti sociali, il tasso di irregolarità nel lavoro domestico è storicamente molto elevato», si spiega. Secondo i dati Istat, revisionati nel settembre 2024, nel 2022 il tasso di irregolarità medio in Italia si attesta al 9, 7%, percentuale che sale al 47, 1% nel caso del lavoro domestico. Complessivamente, tra lavoratori e datori di lavoro, il settore conta 1, 7 milioni di persone censite dall’Inps.
Applicando il tasso di irregolarità, il numero di persone coinvolte supera i 3, 3 milioni. Nel 2023, ricorda Domina, i lavoratori domestici regolari assunti direttamente dalle famiglie sono 834 mila. Si tratta di un settore caratterizzato da una forte presenza femminile (88, 6%) e straniera (69% del totale) . Il settore rimane caratterizzato dalla presenza di lavoratori provenienti dall’Est Europa (35, 7%). Il secondo gruppo più numeroso è però quello di cittadinanza italiana, che rappresenta il 31, 1% del totale. In crescita i lavoratori provenienti dalla Georgia, Perù, El Salvador, mentre ad essere in calo sono quelli provenienti da Romania, Moldavia e Bangladesh. Flettono le famiglie datori di lavoro. Secondo i dati INPS, i datori di lavoro nel 2023 continuano a diminuire (917.929), registrando 60 mila unità in meno rispetto all’anno precedente (-6,1%) . Si tratta di un assestamento del dato dopo gli aumenti del 2020 e del 2021, riconducibili principalmente alle misure di contenimento della pandemia. Tra i datori di lavoro, oltre un terzo si concentra in Lombardia e nel Lazio. La componente femminile è mediamente del 58%, mentre quella straniera del 5% (3% Ue e 2% non Ue) . Le famiglie spendono oggi 7,6 miliardi di euro per i lavoratori domestici regolari, a cui si aggiungono 5,4 miliardi per la componente irregolare. Si tratta quindi di una spesa complessiva di 13 miliardi, che genera allo Stato un risparmio di circa 6 miliardi (0,3% del pil) , ovvero l’importo di cui lo Stato dovrebbe farsi carico se gli anziani accuditi in casa venissero ricoverati in una struttura. A questo bisogna aggiungere l’impatto che la spesa delle famiglie ha da un punto di vista economico sulla produzione in Italia: i 13 miliardi’’investiti’’dalle famiglie per lavoratrici e lavoratori domestici vengono poi rimessi in circolo sul mercato, determinando uno stimolo alla produzione quantificabile nell’ordine di 253,8 milioni di nuove ore di lavoro e 21,9 miliardi di euro di valore della produzione generato (moltiplicatore 1,55) . Il lavoro domestico produce 15,8 miliardi di valore aggiunto pari al 1 punto percentuale di PIL generato. Ma se si considera l’intero settore della cura (care economy) il valore economico è quantificabile in 84,4 miliardi di euro, il 4,4% del pil totale. Per dare l’idea della dimensione di questo settore, basti pensare che l’agricoltura produce 39,5 miliardi (2,1% del pil) e che il settore della ristorazione (alberghi, bar e ristoranti) si attesta a 79,9 miliardi (4,2% del pil) . Secondo Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, «non solo grazie alle famiglie datoriali si riesce a sostenere il lavoro di cura, ma i 13 miliardi spesi dalle famiglie determinano uno stimolo alla produzione quantificabile in quasi 22 miliardi di euro. La mission di Domina non è solo quella di offrire alle famiglie assistenza e servizi, ma anche quella di contribuire alla consapevolezza della dignità del settore, perseguendo l’obiettivo del pieno riconoscimento del lavoro domestico e dei diritti di lavoratori e datori di lavoro». l